ARTICOLI E NOTIZIE SUI PROBLEMI SESSUALI-COME EVITARE INFEZIONI E MALATTIE E PROBLEMI PSICOLOGICI.

martedì 24 febbraio 2009

SESSO: LA MUSICA INFLUENZA LE ABITUDINI DEI GIOVANI

SESSO: LA MUSICA INFLUENZA LE ABITUDINI DEI GIOVANI

(AGI) - Roma, 24 feb. - Gli adolescenti iniziano troppo presto a fare sesso? Forse dipende dalla musica che ascoltano. Lo rivela uno studio condotto dalla Pittsburgh University su 711 giovani a cui sono state fatte domande sulla loro vita sessuale e sulle loro preferenze musicali. Secondo i ricercatori dell'universita' americana, infatti, chi ascolta canzoni che contengono all'interno del testo frasi esplicite e degradanti riferite al sesso hanno "il doppio di probabilita', rispetto ai loro coetanei che ascoltano un altro genere di brani, di fare sesso". Molti esperti pero', soprattutto i medici, rimangono scettici e ritengono troppo semplicistico collegare le abitudini sessuali degli adolescenti alla musica che ascoltano. Per il dottor Brian Primack, a capo del gruppo dei ricercatori che hanno condotto lo studio, "i genitori dovrebbero parlare di sesso con i loro figli e inserire in questi discorsi anche riferimenti alla musica che ascoltano". Sulla ricerca da lui condotta, Primack comunque non si sbilancia ma ammette che dai risultati "sembrerebbe certamente esserci un collegamento tra musica attivitৠsessuale degli adolescenti".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241321-att-rsa0016-art.html

UN'ITALIANA SU 8 MALATA DI ENDOMETRIOSI

UN'ITALIANA SU 8 MALATA DI ENDOMETRIOSI

AGI) - Roma, 24 feb. - Mal di pancia, forti dolori mestruali, disturbi ciclici urinari o intestinali, dolori durante i rapporti sessuali. Potrebbero essere i sintomi di una malattia diffusissima e misteriosa: l'endometriosi. Ben tre milioni di donne ne sono colpite solo in Italia, circa una su otto, ma nella fascia di eta' 29-39 anni ne e' affetta addirittura una su due. Con rischi non da poco: dal 30 al 40% delle malate arriva all'infertilita', e ci sono anche casi di tumore ovarico (fino al 3%) o di Hpv. Pochissime di queste donne sanno di essere malate, tanto che in media c'e' un ritardo di nove anni tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi. Per questo il Ministero della Salute, in collaborazione con l'Azienda Ospedaliera Sant'Andrea di Roma, ha varato una campagna di comunicazione capillare (dal titolo "Quello che non so di me") per favorire una connoscenza migliore dei sintomi dell'endometriosi, stimolare il ricorso al medico di fiducia, prevenire il rischio infertilita'. Il tutto tramite un video di tre minuti, realizzato da giovani e destinato ai giovani (con la colonna sonora dei Velvet), che sara' proiettato fino al 16 marzo nelle 172 sale del circuito Warner Village Cinemas. E poi opuscoli informativi, locandine, calendari e messaggi radiofonici. "L'endometriosi e' una malattia silenziosa - ha spiegato il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, che ha presentato l'iniziativa insieme al direttore generale del Sant'Andrea Vitaliano De Salazar e al prof. Massimo Moscarini - a cui spesso le donne non danno peso finche' il dolore non e' forte. Comporta aspetti invalidanti, come le assenze dal lavoro, e il rischio di infertilita'. Per questo il 9 marzo faremo un convegno al Ministero, mentre un Gruppo di Studio nazionale si riunira' per fornire ai ricercatori uno strumento utile per lo sviluppo di una ricerca interdisciplinare per chiarire gli aspetti ancora sconosciuti della patologia". L'endometriosi infatti, pur cosi' diffusa, e' un mistero: tecnicamente, spiega il prof. Moscarini, capodipartimento di Ginecologia al S.Andrea, "e' una malattia estrogeno-dipendente in cui il tessuto endometriale determina delle lesioni al di fuori dell'utero". Tuttavia "non esiste ad oggi alcun protocollo terapeutico riconosciuto e la maggior parte delle attuali cure mediche non sono adatte a lungo termine a causa degli effetti collaterali". Difficile anche una diagnosi efficace, senza contare la terapia, "che ha un grosso problema di recidiva, fino al 35%". Serve insomma ancora uno sforzo per far luce sulla malattia: tuttavia, denuncia Moscarini, "la ricerca sull'endometriosi e' scarsamente finanziata, probabilmente a causa della difficolta' di sviluppare proposte di ricerca competitive su una malattia compessa e poco comprensibile, che colpisce esclusivamente le donne".

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241322-att-rsa0017-art.html

ABUSI SUBITI DA PICCOLI ALTERANO GENE STRESS

ABUSI SUBITI DA PICCOLI ALTERANO GENE STRESS

(AGI) - Roma, 23 feb. - Gli abusi subiti nella prima infanzia alterano in modo permanente le reazioni del cervello allo stress. Ad affermarlo, uno studio canadese partito dall'analisi delle mutazioni genetiche trovate nel tessuto cerebrale di adulti morti suicidi che avevano subito violenze da bambini. I ricercatori hanno accertato la produzione di un recettore tradizionalmente implicato nella ricezione dello stress. Gia' ricerche precedenti avevano dimostrato l'esistenza di un legame tra l'aver subito abusi in tenera eta' e un approccio particolarmente stressato ai problemi quotidiani. Ma fino a oggi non si era capito come i fattori ambientali agissero sui geni favorendo in eta' adulta la depressione o altri disturbi mentali. Il team di ricerca della McGill University di Montreal ha esaminato il gene del recettore glucocorticoide -che aiuta a controllare la risposta allo stress- in una specifica regione cerebrale di 12 suicidi con una storia di abusi alle spalle e di altri 12 senza un'infanzia di violenze. Nel primo gruppo gli scienziati hanno osservato cambiamenti chimici che hanno ridotto l'attivita' del gene e dimostrato che questo porta a un minor numero di recettori glcocorticoidi. Da qui, una risposta abnorme allo stress per coloro che hanno subito abusi. "Anche se ovviamente questi risultati dovranno essere replicati", ha osservato Jonathan Mill dell'istituto di Psichiatria del Kings College di Londra, "dimostrano che esiste un meccanismo cerebrale mediante il quale le esperienze nei primi anni di vita possono influire sui comportamenti e gli atteggiamenti dell'eta' adulta". La "cosa piu' eccitante", ha aggiunto l'esperto, riguarda il fatto che "queste alterazioni epigenetiche sono potenzialmente reversibili, e quindi rappresentano una nuova sfida sul fronte degli interventi terapeutici".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902231028-hpg-rsa0007-art.html

TUMORI, FORMAGGIO E YOGURT RIDUCONO RISCHI

TUMORI, FORMAGGIO E YOGURT RIDUCONO RISCHI

(AGI) - Washinghton, 24 feb. - Il formaggio e lo yogurt potrebbero aiutare a ridurre il rischio di sviluppare alcuni tumori. In particolare, le donne che consumano prodotti lattiero-caseari ricchi di calcio o anche solo dei supplementi hanno il 23% in meno di probabilita' di sviluppare il cancro. Gli uomini invece che consumano alimenti ricchi di calcio hanno il 16% in meno di probabilita' di ammalarsi di cancro. E' quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori National Cancer Institute degli Usa e pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno coinvolto nello studio circa 500mila persone, che hanno compilato un questionario tra il 1995 e il 1996 riguardante la loro dieta. Di tutti i soggetti studiati, 36.965 uomini e 16.605 donne si sono ammalati di cancro. Comparando questi dati con quelli rilevati tramite il questionario, i ricercatori hanno concluso che gli uomini che hanno consumato circa 1.530 milligrammi al giorno di calcio hanno avuto il 16% di probabilita' in meno di sviluppare il cancro rispetto a quelli che hanno consumato in media 526 milligrammi al giorno. Le donne, invece, che hanno consumato all'incirca 1.881 milligrammi di calcio al giorno hanno avuto il 23% di probabilita' in meno di ammalarsi di cancro rispetto a quelle che hanno consumato 494 milligrammi. La diminuzione del rischio ha riguardato maggiormente il cancro al colon. Secondo i ricercatori, il calcio ha dimostrato di essere un ottimo alleato per la prevenzione dei tumori.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241448-hpg-rsa0026-art.html

LA PILLOLA PUO' CAUSARE IL CANCRO AL SENO

STUDIO SULL'AMERICAN JOURNAL OF EPIDEMIOLOGY
LA PILLOLA PUO' CAUSARE IL CANCRO AL SENO

(AGI) - New York, 24 feb. - L'uso della pillola contraccettiva puo' favorire lo sviluppo del tumore al seno: lo ribadisce una nuova ricerca pubblicata dall'American Journal of Epidemiology. Fino ad oggi, l'associazione tra cancro al seno e contraccettivi orali si basava "per lo piu' su studi condotti prima del 1990", nota l'equipe di ricercatori, diretta dalla dottoressa Lynn Rosenberg, della Boston University. Per la sua analisi, il team della Rosenberg ha usato invece dati recenti, coinvolgendo donne che partecipavano al Case-Control Surveillance Study. I ricercatori hanno cercato di capire se l'uso della pillola contraccettiva fosse legato al rischio di cancro al seno nelle pazienti cui era stata diagnosticata la malattia tra il 1993 e il 2007 e, nel caso l'associazione fosse valida, se il rischio variasse in base alla razza o ai recettori ormonali del cancro al seno. Lo studio ha coinvolto 907 donne con cancro al seno e 1.711 sane. Le donne che avevano assunto contraccettivi orali per un anno o piu' avevano il 50% o piu' di probabilita' di ammalarsi rispetto alle donne che non li avevano assunti o li avevano presi per meno di un anno. Inoltre, l'assunzione della pillola per lungo tempo e l'appartenenza alla razza nera aumentavano le probabilita' di sviluppare il tumore, mentre la presenza dei recettori ormonali del cancro al seno non influiva sull'associazione tra contraccettivo orale e cancro al seno. "L'uso dei contraccettivi orali e' molto diffuso ed e' quindi importante mettere in guardia le donne sui possibili effetti sulla salute", conclude Rosenberg.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241025-mon-rsa0004-art.html

38 anni, eterosessuale, sieropositivo e inconsapevole

38 anni, eterosessuale, sieropositivo e inconsapevole

L’Aids continua a colpire in Italia e diventa sempre più subdolo. Basti pensare che negli anni Ottanta, quando si iniziò a parlare di Aids e la malattia ebbe la sua prima vera esplosione, il 70% dei sieropositivi era rappresentato da tossicodipendenti (età media: 26 anni) che si ammalavano a seguito dell’utilizzo in condivisione di aghi infetti.

Oggi, invece, solo dieci sieropositivi su cento sono tossicodipendenti, tutti gli altri sono individui che conducono una vita apparentemente normale e senza vizi e che si ammalano a seguito di un rapporto sessuale – generalmente eterosessuale – non protetto e che non si accorgono di essere malati fino a quando non è troppo tardi. Il dato emerge da un recente rapporto sulla situazione HIV nel nostro Paese presentato a Roma da Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani.

Il punto più importante di questo rapporto è proprio quello relativo alla mancanza di consapevolezza di essere sieropositivi. Ecco l’identikit del paziente-tipo nel terzo millennio: ha in media 38 anni, è eterosessuale e il pensiero di poter essere sieropositivo sembra non sfiorarlo nemmeno alla lontana, al punto da trasformarsi in veicolo di contagio per anni e anni prima di scoprire di essere malato e di iniziare a seguire una terapia antiretrovirale, che al giorno d’oggi permette alla maggior parte dei pazienti di tenere sotto controllo la malattia e di aspirare a una qualità della vita assolutamente soddisfacente.

Antinori ha spiegato che il 30% dei pazienti scopre di essere malato solo quando l’infezione ha raggiunto una fase avanzata e un quarto dei 120.000 nuovi sieropositivi non ha la minima idea di essere malato.



http://news.paginemediche.it/it/231/la-mela-del-giorno/infettivologia/detail_105069_38-anni-eterosessuale-sieropositivo-e-inconsapevole.aspx?c1=41

domenica 22 febbraio 2009

Donne in bikini, per l'uomo sono "cose"

Donne in bikini, per l'uomo sono "cose"

Gli uomini tendono ad associare le donne seminude ad oggetti piuttosto che ad esseri umani, ha rivelato di recente un studio della Princeton University.

La notizia non dovrebbe stupire né accendere polemiche: non sapevamo forse già che la donna seminuda o in atteggiamenti sessuali rievoca nella mente maschile un oggetto sul quale agire, invece che una persone con la quale interagire?

Ma la novità sta nella conferma scientifica di questa percezione comune, arrivata lunedì da ?American Association for the Advancement of Science?.

Susan Fiske, nota psicologa dell?Università di Princeton, New Jersey, ha condotto un esperimento su 21 ragazzi dell?istituto, che si identificavano come eterosessuali.
Ai ragazzi venivano mostrate diverse foto di donne vestite, seminude, o in atteggiamenti provocanti, (alcune prive di testa) mentre il team di Fiske ne monitorava l?attività celebrale.

Le foto delle donne in bikini attivavano regioni associate ad oggetti o a ?Cose che puoi maneggiare? ha affermato Fiske.
Successivamente la memoria dei ragazzi sulle foto veniva testata: ?Questi uomini ricordavano meglio i corpi femminili sessualizzati - senza testa - nonostante li avevano osservati solo per 0,2 secondi.? Ha continuato la psicologa dichiarandosi perplessa sulle implicazioni di questi risultati per la società: essi mostrano, infatti, come immagini di questo tipo possono deumanizzare le donne e incoraggiare gli uomini a pensarle in termini di oggetti.

Fiske ci è andata cauta, non ha voluto accusare o muovere critiche, ma la logica conseguenza dell?oggettificazione di un essere umano (come abbiamo anche visto in tante propagande belliche) è la giustificazione di violenze o ingiustizie attuate nei suoi confronti.
Mi viene in mente uno libro del ?99 di Jean Kilbourne, esperta di media, intitolato ?Deadly Persuasion: why women and girls must fight the addictive power of advertising?.

L?autrice arrivava a simili conclusioni: ?Le pubblicità non provocano direttamente la violenza [?] ma le immagini violente contribuiscono ad uno stato di terrore [?] La trasformazione di un essere umano in una cosa, un oggetto, è quasi sempre il primo passo verso la giustificazione della violenza contro quella persona [?] questo passo è stato già compiuto con le donne. La violenza, l?abuso, è in parte l?agghiacciante ma logico risultato di quell?oggettificazione? (Kilbourne 1999:278)
Lei si riferiva in particolare alla consuetudine dei pubblicitari, per noi tristemente scontata, a rappresentare il corpo femminile come un insieme di problematiche, ognuna riguardante una parte (cellulite, pelle grassa, capelli secchi, unghie fragili, denti gialli?etc.) a cui dover trovare soluzioni; donne come insiemi di pezzi, quindi, non umani.

Per tornare al nostro esperimento, nella fase finale agli studenti veniva chiesto di rispondere ad un questionario per valutare quanto fossero sessisti; il monitoraggio celebrare ha mostrato che gli uomini che esprimevano le più forti tendenze sessiste utilizzavano meno la corteccia prefrontale, quella responsabile della comprensione dei sentimenti e delle intenzioni altrui.

In parole povere, gli uomini più sessisti erano anche quelli che mostravano meno empatia nei confronti di queste immagini, reagendo come se quelle donne non fossero completamente umane.
?Le uniche volte in cui assistiamo ad una disattivazione della corteccia prefrontale, è quando la gente guarda le foto di senza tetto o tossicodipendenti, dei quali non vuole conoscere veramente le emozioni, perché queste la disturberebbero nel profondo.? Ha spiegato Fiske.

La studiosa di Princeton ha sottolineato che il problema sorge nella vita di tutti i giorni, dove donne reali si devono incontrare con le immagini di donne mercificate, ad esempio ?Quando si hanno foto sessualizzate di donne nei posti di lavoro, è difficile non pensare alle colleghe donne in questi termini.?
Discusso e ridiscusso, adesso provato scientificamente, questo aspetto rimane centrale nella nostra vita, confermando retaggi del dominio patriarcale tradizionale.

Viviamo in una società nella quale le donne hanno dimostrato di saper fare tutto meglio dei loro colleghi e che, forse per questo, ha paura di un cambiamento culturale che ridefinisca i rapporti di eguaglianza e potere tra generi.
La cosa più divertente, devo ammetterlo, è stato leggere sui vari blogs e siti le reazioni a questa scoperta: tra le soluzione sventolate: ?Tornare alle spiagge separate (per uomini e donne, nda)?, ?Coprirsi di più? (per le donne, nda) etc.

Il problema è nella rappresentazione mediatica delle donne, non nelle donne reali: gli uomini sono stati educati per decenni dai pubblicitari a rispondere a quelle immagini (come alla pornografia) in un in una determinata maniera.
Essa però risulta nociva per tutti perchè in grado di attentare quei principi di inviolabilità tra esseri umani che dovrebbero informare i nostri modi di vivere e sentire quotidiani.

Bene, è arrivato il momento di attuare un?inversione di tendenza: il sessismo fa male a tutti e le società hanno bisogno di maturare e trovare nuove soluzioni a problemi globali, insieme.

Elis Helena Viettone
Vita di Donna Community

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http://www.vitadidonna.it/news/2009/02/donne-in-bikini-per-luomo-sono-cose.html

Lui, lei e il diabete, la 'terapia di coppia' aiuta il 90% dei malati

Il malato tipo è uomo o donna per lo più ultra 65enne

Lui, lei e il diabete, la 'terapia di coppia' aiuta il 90% dei malati

Ricerca presentata a Milano, in occasione del lancio italiano di una pillola antidiabete. Nella Penisola, la malattia del sangue dolce colpisce circa 4 milioni di persone


Milano, 18 feb. (Adnkronos Salute) - Contro il diabete l'unione fa la forza. E il numero perfetto e' il due: il malato e il familiare che lo assiste ogni giorno, donna 6 volte su 10, che insieme riescono a gestire meglio la terapia con benefici dichiarati dal 90% dei pazienti. A promuovere la 'terapia di coppia' contro la malattia del sangue dolce, che nella Penisola colpisce circa 4 milioni di persone di cui un milione ancora senza diagnosi, e' un'indagine condotta da Gfk Eurisko per il gruppo farmaceutico Novartis.

La ricerca e' stata presentata a Milano, in occasione del lancio italiano di una pillola antidiabete che abbina due principi attivi in un'unica compressa (vildagliptin e metformina) e della campagna 'Due in uno. Combinazione vincente contro il diabete'. Un'alleanza al femminile tra Fand (Associazione italiana diabetici) e Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), che organizzeranno incontri per i pazienti e i 'caregiver'.

L'indagine ha coinvolto 900 malati di diabete e 100 caregiver che li assistono, rilevando che quando ha accanto un 'angelo custode' il paziente sta meglio sia nel corpo sia nell'anima: e' piu' soddisfatto di se stesso e della sua vita (il doppio rispetto a chi lotta da solo), e' meno ansioso (68% degli 'accoppiati' contro il 64% dei 'solitari') ed e' piu' attivo (63% contro 56%). Il 76% dei malati fiancheggiati da un caregiver si ricorda sempre di assumere i suoi farmaci; il 72% segue una dieta ad hoc che nel 74% dei casi viene adottata 'per solidarieta'' dall'intera famiglia; il 55% pratica attivita' fisica e il 50% viene accompagnato dal suo assistente alle visite di controllo.

In generale, combattere la malattia in due permette al paziente di trovare risposte ai suoi bisogni, messi nero su bianco da un forum on line condotto su 25 diabetici. Fra le necessita' piu' urgenti degli intervistati c'e' quella di avere un sostegno nell'elaborazione della diagnosi e di essere motivati in modo da poter guardare al futuro 'pensando positivo'.

http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=3.0.3029605991

Ma chi e' il diabetico italiano tipo? L'identikit disegnato da Gfk Eurisko 'fotografa' un uomo o una donna per lo piu' ultra 65enne, con punte rilevanti di over 74 femmine. I pazienti dello Stivale sono prevalentemente obesi (donne) o in sovrappeso (uomini); soprattutto le femmine abbinano al diabete altre malattie: in particolare, il 55% soffre anche di ipertensione e il 47% di colesterolo alto.

AIDS: IN ITALIA 120MILA POSITIVI, UNO SU 4 NON LO SA

AIDS: IN ITALIA 120MILA POSITIVI, UNO SU 4 NON LO SA

(AGI) - Roma, 20 feb. - Cresce progressivamente la quota di soggetti che scoprono di aver contratto il virus Hiv in fase avanzata della malattia (oltre il 30%, dato europeo) e si stima che almeno un quarto dei 120mila soggetti Hiv positivi viventi in Italia sia inconsapevole del proprio stato. "Un dato importante che dobbiamo riuscire a diminuire ribadendo l'importanza del test, che e' un dovere civile oltre che l'unica speranza per tenere sotto controllo il virus", ha dichiarato Andrea Antinori, direttore Malattie Infettive allo Spallanzani di Roma, a margine della conferenza stampa di presentazione dello studio Adone, avviato per analizzare l'effetto della semplificazione della terapia ottenuta con Atripla, antiretrovirale in monosomministrazione quotidiana. Il test, "che e' anonimo, gratuito, sicuro ed efficace", sottolinea Antinori, e' la grande possibilita' per curarsi mantenendo una quotidianita' a detta degli esperti "normale".
"Basti pensare che oggi l'aspettativa di vita puo' raggiungere i 50 anni per un paziente giovane", continua Antinori, tracciando il trend dell'epidemia: "I nuovi infetti hanno un'eta' piu' adulta (38 anni contro i 26 anni del 1986), le donne sono circa un terzo del totale e la trasmissione avviene quasi esclusivamente per via sessuale - spiega il professore - Se nella seconda meta' degli anni'80 l'uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa era correlato al 70% delle trasmissioni, oggi i tossicodipendenti sono meno del 10% dei nuovi infetti". Costante negli ultimi 7-8 anni il numero dei nuovi infetti, circa 4mila l'anno in Italia; "diminuita sensibilmente invece, nell'ultimo decennio, la mortalita' - continua Andrea Antinori - Merito delle terapie antiretrovirali che hanno ridotto nettamente anche la morbilita' della malattia. L'80-90% di tutti i pazienti seguiti nei centri di riferimento sono in condizione di soppressione virologica, percentuale impensabile fino a qualche anno fa".
http://www.agi.it/ultime-notizie-page/200902201548-cro-rom1151-art.html

Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

U.E. - ITALIA
Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

19 Febbraio 2009


Il via libera definitivo per l'immissione in commercio anche in Italia della pillola abortiva Ru486 ancora non c'e', ma ormai i tempi sembrano stretti. Procede infatti il processo di valutazione da parte dell'Agenzia del farmaco (Aifa) ma intanto la Ru486 nel nostro Paese si utilizza gia', sia pure attraverso una speciale procedura. Circa 4.000, a partire dal 2005, sono infatti gli aborti medici effettuati proprio utilizzando tale farmaco. A rendere noti i dati di utilizzo della pillola abortiva, in attesa dell'autorizzazione alla vendita da parte dell'Aifa, e' stato il ginecologo dell'ospedale S.Anna di Torino Silvio Viale, 'padre' della prima sperimentazione sulla Ru486. L'occasione per questo primo bilancio, la Conferenza nazionale dell'associazione ginecologi consultoriali (Agico) in corso a Roma. Proprio oggi, mentre ginecologi provenienti da tutta Italia sottolineavano l'esigenza che anche il nostro paese approvi 'finalmente' l'immissione in commercio della Ru486, i rappresentanti dell'azienda Exelgyn (produttrice della pillola abortiva) hanno appunto incontrato i responsabili Aifa, ha reso noto Viale. E successivamente e' stata la stessa Agenzia, con un comunicato, a precisare che 'continua il processo di valutazione della Ru 486' e che 'il farmaco e' stato esaminato oggi dal Comitato Prezzi e Rimborso dell'Aifa secondo quanto previsto dalle procedure valutative necessarie alla registrazione dei farmaci'. A questo punto, ha sottolineato Viale, 'il processo per la commercializzazione in Italia della Ru486 attraverso il procedimento di mutuo riconoscimento europeo, e' in dirittura d'arrivo'. L'auspicio e' che i tempi siano brevi, anche perche' 'se l'Italia dovesse ancora ritardare o bloccare l'arrivo in commercio della RU486 - ha precisato Viale - si andrebbe in sede europea e, sia pure con ritardo, arriverebbe in ogni caso l'autorizzazione per la commercializzazione'. Intanto, Viale ha reso noto i primi dati di utilizzo della pillola abortiva, suscitando la dura critica dell'esponente della Lega Nord Massimo Polledri: 'Sono dati allarmanti - ha commentato - che devono far riflettere'.
- DAL 2005 EFFETTUATI 4.000 ABORTI CON PILLOLA RU486: Circa 4 mila gli aborti effettuati in Italia utilizzando la pillola abortiva. Nel 2008 la Ru486 e' stata utilizzata da 25 centri italiani mediante una procedura di importazione caso per caso. Viale ha monitorato in particolare l'esperienza di otto centri che hanno utilizzato la pillola abortiva per un totale di 1.778 interventi di aborto. Piu' che soddisfacenti, secondo il ginecologo, gli esiti registrati: solo il 5,5% delle pazienti ha dovuto ricorrere comunque all'intervento chirurgico successivo. Quanto ai sintomi, il 23% ha accusato dolore, il 13% nausea, il 5% diarrea e per lo 0,07% si sono rese necessarie trasfusioni. Le regioni in cui la pillola e' stata utilizzata sono Piemonte, Toscana, Trento, E.Romagna, Marche, Puglia e Lombardia.
- OLTRE 10.000 PILLOLE ABORTIVE IMPORTATE: Sono 10.154 le pillole Ru486 importate in Italia a partire dal 2005, quando la prima sperimentazione e' stata avviata all'ospedale S.Anna di Torino. La Ru486 e' stata gia' registrata nella maggior parte dei paesi europei e negli Usa. La procedura di registrazione e' invece in fase di esame per Italia, Portogallo, Ungheria.
- VIALE, METODO SICURO: Con l'archiviazione dell'indagine relativa alla sperimentazione con Ru486 condotta all'ospedale Sant'Anna, ha detto Viale, 'e' caduto l'ultimo diaframma, quello legale, che ipotizzava l'incompatibilita' dell'utilizzo della pillola abortiva con la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Il metodo e' efficace e sicuro'.
http://www.aduc.it/dyn/eutanasia/noti.php?id=250723

lunedì 9 febbraio 2009

Tumori: fumare spinelli aumenta rischi cancro testicoli

Tumori: fumare spinelli aumenta rischi cancro testicoli

ultimo aggiornamento: 09 febbraio, ore 16:01
Roma, 9 feb. (Adnkronos Salute) - La passione per la marijuana può giocare brutti scherzi ai ragazzi. Uno studio pubblicato su 'Cancer' ha infatti scoperto un legame tra un uso frequente o prolungato di marijuana e l'aumento del pericolo di tumore ai testicoli. La ricerca, condotta su 369 uomini dai 18 ai 44 anni, rileva che fra i consumatori abituali di questa sostanza il rischio raddoppia rispetto ai coetanei che non hanno mai fumato uno spinello. La ricerca è stata condotta al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (Usa), e per la prima volta indaga sul legame tra marijuana e questo tipo di tumore. Il campione, tutto composto da pazienti con cancro ai testicoli, è stato sottoposto a un questionario e le risposte sono state poi confrontane con quelle di mille coetanei apparentemente sani.

Anche tenendo conto di altri fattori di rischio, sembra proprio che il fatto di consumare marijuana comporti un 70% di pericolo in più, mentre per chi la fuma regolarmente o fin da giovanissimo pare che il rischio di ammalarsi di cancro ai testicoli sia ben il doppio rispetto a chi non l'ha mai provata. Secondo Janet Daling, fra gli autori della ricerca, la pubertà potrebbe essere una 'finestra' nel corso della quale i ragazzi sono più vulnerabili a fattori ambientali, come le sostanze chimiche presenti nella marijuana.




http://www.adnkronos.com/IGN/Salute/?id=3.0.2997222724