ARTICOLI E NOTIZIE SUI PROBLEMI SESSUALI-COME EVITARE INFEZIONI E MALATTIE E PROBLEMI PSICOLOGICI.

mercoledì 22 luglio 2009

TEST SALIVA PREDICE RISCHIO PARTO PREMATURO

TEST SALIVA PREDICE RISCHIO PARTO PREMATURO
AGI) - Londra, 22 lug. - Un semplice test della saliva potrebbe contribuire a ridurre le nascite premature potenzialmente pericolose. Il test, messo a punto al King's College di Londra, individua le donne incinte che potrebbero far nascere prematuramente il loro bambino attraverso la misurazione dei loro livelli di progesterone, l'ormone che aiuta a fermare le contrazioni del grembo prima del termine di 40 settimane. Le donne con un basso livello di ormone sono quelle a rischio di partorire con piu' di sei settimane di anticipo. Grazie al test, sono convinti gli scienziati, si potranno ridurre le nascite premature, prima delle 37 settimane di gestazione, che sono piu' a rischio di complicanze mediche, difficolta' di apprendimento e altri handicap. Le donne che attraverso il semplice test della saliva risulteranno piu' a rischio potranno essere monitorate con piu' attenzione e aiutate, se necessario, con robuste dosi supplementari di ormoni. "La saliva e' facile da raccogliere - spiega il capo dei ricercatori Lucilla Poston del King's College di Londra - non vi e' alcuna necessita' di un ago o di un campione di sangue e sarebbe meraviglioso se, in futuro, potremo chiedere a una donna incinta di darci solo un piccolo campione di saliva per sapere se rischia una nascita prematura". I ricercatori del King's College di Londra hanno analizzato i campioni di saliva di 92 donne tra le 24 e le 34 settimane di gravidanza. Le future mamme erano state identificati come a rischio di parto prematuro per aver avuto precedenti aborti, nascite premature o infezioni. I livelli di progesterone sono risultati inferiori nella saliva delle 12 donne che hanno partorito prematuramente. Lo studio e' stato pubblicato nel BJOG: An International Journal of Obstetrics and Gynaecology.

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200907221143-hpg-rsa0011-test_della_saliva_predice_rischio_parto_prematuro

giovedì 28 maggio 2009

ANTICORPO ARTIFICIALE PROTEGGE SCIMMIE DALL'AIDS

ANTICORPO ARTIFICIALE PROTEGGE SCIMMIE DALL'AIDS
(AGI) - Washington, 18 mag. - Un gruppo di ricercatori ha forse scoperto la tecnica che portera' finalmente alla realizzazione del vaccino contro il virus dell'Aids: ha creato infatti un anticorpo artificiale trasportato nell'organismo da un virus. Questa molecola sintetica del sistema immunitario e' riuscita a proteggere le scimmie contro la versione animale dell'Hiv, chiamata Siv, come scrivono i ricercatori sulla rivista Nature Medicine.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905181026-hpg-rsa0012-anticorpi_artificiali_combattono_il_virus_aids_nelle_scimmie

VAMPATE DI CALORE SEGNALE DI OSTEOPOROSI

VAMPATE DI CALORE SEGNALE DI OSTEOPOROSI

(AGI) - New York, 19 mag. - Le donne che soffrono di vampate di calore quando sono all'inizio della menopausa potrebbero avere ossa piu' fragili. Lo sostiene una nuova ricerca americana. Carolyn J. Crandall della University of California, Los Angeles, e la sua equipe hanno scoperto che le donne che riferivano di avere vampate di calore e sudorazioni notturne (sintomi noti come vasomotori) avevano una densita' minerale ossea inferiore rispetto alle donne prive di tali sintomi. Piu' forti erano le vampate di calore, piu' sottili le ossa. Le vampate di calore sono un sintomo molto comune durante la menopausa, ma Crandall e colleghi fanno notare che circa il 60% delle donne ne soffre gia' da prima che il ciclo sparisca del tutto. I ricercatori hanno cercato di capire la connessione tra sintomi della menopausa, perdita di estrogeni e assottigliamento delle ossa. Hanno analizzato 2.213 donne di diverse etnie parte dello Study of Women's Health Across the Nation che, all'inizio della ricerca, avevano dai 42 ai 52 anni. Nessuna era in menopausa in quel momento, ma alcune gia' si trovavano in perimenopausa, il periodo immediatamente precedente la fine dell'eta' fertile. Le donne che riferivano sintomi vasomotori avevano una densita' minerale ossea piu' bassa delle donne senza quei sintomi. L'eta' influiva su quali ossa erano piu' colpite: nelle donne sulla soglia della menopausa o ai suoi inizi, le vampate significavano ossa femorali piu' sottili, in quelle in menopausa vera e propria (nel corso del follow-up) le vampate indicavano ossa del bacino piu' fragili. Piu' erano frequenti i sintomi vasomotori, piu' bassa era la densita' minerale ossea. Secondo Crandall e colleghi, il fatto che i sintomi vasomotori indichino un assottigliamento delle ossa anche in perimenopausa suggerisce che i livelli di estrogeni non sono gli unici responsabili, perche' l'estrogeno cala solo dopo la fine del ciclo. I ricercatori notano invece che durante le vampate di calore si attiva il sistema nervoso simpatico e che i neurotrasmettitori e gli ormoni rilasciati quando questa parte del cervello si attiva sono stati collegati alla fragilita' ossea. Occorreranno ulteriori studi - conclude l'equipe sulla rivista Menopause - per chiarire questi meccanismi.

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905191016-hpg-rsa0004-menopausa_vampate_di_calore_segnale_di_osteoporosi

IL CUORE E' IL VERO KILLER DELLE DONNE OVER 50

IL CUORE E' IL VERO KILLER DELLE DONNE OVER 50

(AGI) - Londra, 19 mag. - E' il cuore il vero killer delle donne oltre i 50 anni. Le patologie cardiovascolari colpiscono piu' di tumori, Alzheimer, enfisema polmonare, e sono la prima causa di morte fra le donne in menopausa. Se l'azione degli ormoni, infatti, 'protegge' il cuore femminile, superati i 50 si registra una brusca virata e i dati sono preoccupanti: il 49 per cento delle italiane in questa fase della vita e' iperteso; il 38 ha livelli di colesterolo superiori a 240; il 30 per cento e' obeso; il 10 e' diabetico e il 33 per cento presenta sindrome metabolica. Una vera e propria epidemia nei Paesi occidentali, anche a causa di comportamenti scorretti: il 14 per cento fuma, una su 2 non pratica alcun tipo di attivita' fisica. Per rispondere a questa emergenza, i medici indicano due vie: "Da un lato educare i nostri pazienti al movimento, a una dieta sana e all'abbandono del tabacco - afferma la prof.ssa Nicoletta Biglia, dell'Universita' di Torino, una fra i massimi esperti italiani al Congresso Europeo della Menopausa (EMAS) che riunisce fino a domani a Londra 3.000 specialisti - , dall'altro promuovendo l'utilizzo della terapia ormonale sostitutiva (TOS), in Italia fermo a meno del 10 per cento". Proprio per rispondere al dilagare delle malattie del cuore fra le donne, nei giorni scorsi l'Agenzia Italiana del Farmaco ha ammesso in classe A (gratuita per i cittadini) Angeliq, l'unica associazione estro-progestinica utile nel ridurre la pressione arteriosa, a base di estradiolo e drospirenone, un progestinico con proprieta' antimineralcorticoide. "Questa formulazione si e' dimostrata efficace nelle ipertese (riduzione di 9 mmHg della minima, di 12 mmHg della massima), ma l'utilizzo regolare anche in donne normotese puo' avere effetti preventivi - spiega il prof. Giuseppe Rosano, cardiologo Direttore del Centro di Ricerca Clinica e Sperimentale dell'IRCCS San Raffaele di Roma -. E' un grande passo avanti nella prevenzione: la diminuzione della pressione minima di 5mmHg si associa infatti ad una riduzione del 40 per cento del rischio di morte per stroke e del 25 per cento per eventi cardiovascolari, mentre una diminuzione di 2 mmHg di pressione massima, comporta una riduzione del 10 per cento di stroke e del 7 per eventi cardiovascolari". Ma non c'e' solo il cuore: "La menopausa - spiega il prof. Marco Gambacciani, della Clinica Ostetrico-Ginecologica del Santa Chiara di Pisa e membro del direttivo EMAS - puo' comportare in molte donne una notevole riduzione del benessere generale e della qualita' della vita. La sessualita' femminile subisce un vero 'terremoto' con possibili ripercussioni sul desiderio, l'eccitazione vaginale/genitale e l'orgasmo/soddisfazione. Ma non va sottovalutato un altro importante fattore: il cambiamento del corpo. Durante la menopausa muta, infatti, la 'forma' fisica della donna che tende ad aumentare di peso, accumulando grasso soprattutto sull'addome, sul petto e sulle braccia e spesso non si piace piu'. Ma con un'attenzione alla propria forma fisica, alla dieta, all'esercizio e i consigli del proprio ginecologo di fiducia si puo' vivere con serenita' e gioia anche la sessualita' in questa fase della vita. La terapia ormonale puo' contribuire anche in questo campo a un miglioramento della qualita' di vita, senza rischi per la salute. La comunita' scientifica e' ormai concorde sulla sicurezza cardiovascolare della TOS iniziata precocemente, prima dei 60 anni o comunque entro 10 anni dalla menopausa".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905191051-hpg-rsa0005-cuore_e_killer_over_50_difesa_con_terapia_ormonale

DUE GENI INDICANO QUANDO BIMBA DIVENTA "SIGNORINA"

DUE GENI INDICANO QUANDO BIMBA DIVENTA "SIGNORINA"

Londra - Un'equipe di scienziati guidati da un'universita' britannica ha localizzato due geni sui cromosomi sei e nove che, con tutta probabilita', indicano a quale eta' una bambina diventera' donna, ovvero quando avra' la sua prima mestruazione. Lo studio, apparso su 'Nature Genetics', aiuta non solo a spiegare perche' le ragazze in sovrappeso hanno una puberta' piu' precoce ma puo' gettare luce sullo sviluppo di alcune malattie. La durata della vita riproduttiva e' infatti connessa con il rischio di sviluppare alcune patologie, come quelle cardiache, il cancro al seno o l'osteoporosi, influenzate, si ritiene, dall'ormone femminile, l'estrogno, che viene prodotto in quantita' maggiori durante l'eta' fertile. Quindi, piu' la puberta' e' precoce, maggiore sarebbe il rischio di queste malattie - anche se gli scienziati sottolineano che i geni sono solo uno dei fattori che decidono l'inizio della puberta' e che l'alimentazione e l'attivita' fisica potrebbero contare anche di piu'. Nei Paesi occidentali, i ragazzi raggiungono la puberta' sempre prima: alcune bambine addirittura a sette anni. Uno dei motivi e' la diffusione dell'obesita', quindi il piu' alto indice di massa corporea e la presenza di grandi percentuali di grasso nel corpo. L'equipe di scienziati guidati dalla Exeter Peninsula Medical School, con la collaborazione di altri istituti di ricerca in Europa e Stati Uniti, ha analizzato 17.510 donne di tutto il mondo, la cui prima mestruazione si era verificata tra i 9 e i 17 anni. Raggruppando insieme le donne a seconda dell'eta' della prima mestruazione, i ricercatori sono riusciti a evidenziare comuni schemi genetici. Le ragazze che si sviluppano precocemente hanno una variante genetica che le porta presto alla puberta'. "Questo studio fornisce per la prima volta le prove che comuni varianti genetiche influenzano il momento in cui una donna raggiunge la maturita' sessuale", ha dichiarato la ricercatrice Dr.ssa Anna Murray. "I nostri risultati indicano anche una base genetica per l'associazione tra mestruazione precoce e altezza e indice di massa corporea". Un altro ricercatore, John Perry, ha aggiunto: "Capire i meccanismi biologici dietro la vita riproduttiva ci aiuta a capire anche le malattie associate che colpiscono le donne in eta' matura, come diabete, cancro al seno e patologie cardiache". Un secondo studio pubblicato da Nature Genetics, realizzato dalla University of Cambridge, collega una specifica variante di uno dei due geni individuati dalla equipe della scuola di Exter - LIN28B - con lo sviluppo precoce tanto nei maschi che nelle femmine. Come fa notare il coordinatore della ricerca, Dr Ken Ong: "LIN28B e' una sorta di interruttore che controlla l'attivita' di altri geni, innescando la maturita' sessuale". Il Dr Aric Sigman, psicologo della Royal Society of Medicine, ha commentato: "La puberta' precoce nelle donne e' un problema perche' si associa non solo a malattie ma anche a disagi psicologici. Le ragazze che maturano presto sono piu' soggette alla depressione e rischiano di diventare aggressive, isolate, insonni, insicure. Spesso hanno cattivi risultati a scuola e sono portate a bere, fumare, usare droghe o addirittura a commettere crimini".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905181148-hpg-rsa0015-scoperti_2_geni_che_indicano_quando_bimba_diventa_signorina

ECCO I GENI CHE ATTIVANO E SPENGONO IL CICLO

ECCO I GENI CHE ATTIVANO E SPENGONO IL CICLO

Londra, 18 mag. - Un gruppo di ricercatori britannici ha individuato i geni responsabili dell'inizio del primo ciclo mestruale da cui e' emerso che l'eta' in cui inizia la vita riproduttiva nelle donne e' scritta nel Dna. In un articolo pubblicato su Nature Genetics e' stata ricostruita la 'mappa' dei geni che scandiscono l'eta' del menarca e della menopausa. Gli esperti del britannico Medical Research Council (MRC) Epidemiology Unit di Cambridge, hanno scoperto che sui cromosoma 6 e 9 un gene, LIN28B, importante per l'ingresso nella puberta'. I differenti alleli (forme diverse in cui puo' presentarsi lo stesso gene) sono responsabili di una variabilita' di circa tre mesi nell'eta' del menarca. Nello studio in cui ci si e' occupati anche dell'eta' della menopausa, sono state isolate sequenze genetiche sui cromosomi 5, 19 e 20 tutte importanti nello scandire il tempo in cui finisce la vita riproduttiva.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905181957-hpg-rsa0076-riproduzione_ecco_i_geni_che_attivano_e_spengono_ciclo

CREATO A BOLOGNA VIRUS HERPES ANTI-CANCRO

CREATO A BOLOGNA VIRUS HERPES ANTI-CANCRO

AGI) - Bologna, 19 mag. - Ha visto la luce nei laboratori di Bologna il "Sansone" dei virus herpes anti-cancro. Secondo i ricercatori e' infatti il primo virus herpes non depotenziato, ma geneticamente modificato per distruggere le cellule tumorali e risparmiare quelle sane, ad avere successo nei test in vivo.
"Quando si manipola geneticamente un virus per poterlo usare come arma contro i tumori - spiega la virologa Gabriella Campadelli-Fiume dell'Universita' di Bologna, che ha guidato la ricerca - di solito lo si indebolisce, per renderlo innocuo verso l'organismo ospite e controllarlo meglio. Cio' pero' finisce spesso col renderlo poco aggressivo anche verso il tumore, e questa e' una delle ragioni per cui questo filone di ricerca non e' ancora sfociato in terapie anti-tumorali entrate nella pratica clinica. Noi abbiamo invece scelto una strada piu' sofisticata. Ne abbiamo lasciato inalterata la virulenza, ma abbiamo tolto al virus le 'chiavi' proteiche con cui entra nelle cellule normali, e le abbiamo sostituite con 'chiavi' che gli consentono l'accesso alle sole cellule malate". Il risultato, come riferisce Pnas (l'autorevole rivista dell'Accademia delle scienze Usa, una delle piu' prestigiose insieme a Nature e Science), e' un virus ingegnerizzato capace di distruggere i piu' maligni tra i tumori del seno e dell'ovaio, che ogni anno, solo in Italia, colpiscono 42mila nuove persone e ne uccidono oltre 10mila. Il nuovo virus, che l'ateneo ha gia' chiesto di brevettare, potrebbe inoltre contrastare con successo le metastasi cerebrali di questi tumori, che sono invece inaccessibili anche ai farmaci piu' innovativi. Le "chiavi" su cui sono intervenuti i ricercatori bolognesi - spiega in una nota l'Universita' di Bologna - sono una porzione della glicoproteina D con cui il virus dell'herpes simplex - da molti conosciuto come responsabile delle caratteristiche vescicole che si presentano sulle labbra in caso di influenza, stress, indebolimento, ecc. - riesce normalmente ad entrare nelle cellule sane e a distruggerle. I ricercatori hanno rimosso questo pezzetto del Dna virale e l'hanno sostituito con un'altra 'chiave': un anticorpo capace di aprire la 'serratura' (recettore) delle cellule dei tumori del seno e dell'ovaio che producono la proteina Her-2. E' proprio questa molecola, che riveste in abbondanza le cellule cancerose in questione, a trasformale in bersaglio. Il virus modificato aggredisce infatti solo le cellule che ne sono ricoperte, risparmiando le altre. L'infezione si autoalimenta, perche' il virus si replica progressivamente fino ad esaurimento delle cellule malate. Eliminato il tumore, non trovando piu' cellule dove insediarsi, e' destinato, secondo i ricercatori, ad estinguersi, a differenza della sua variante naturale che invece permane in forma silente nelle cellule sane, in attesa di manifestarsi ancora alla prima occasione.
L'efficacia del virus e' stata misurata sui topi, in test condotti nei laboratori di Dipartimento di patologia sperimentale dell'ateneo nel corso degli ultimi dodici mesi. Il 60 per cento dei topolini trattati e' completamente guarito dal tumore, mentre nel restante 40 per cento se ne e' inibita significativamente la crescita. Un altro aspetto innovativo del nuovo virus killer dei tumori e' che, in qualita' di variante dell'herpes simplex, naturalmente dotato di una predilezione per le cellule nervose, potrebbe rivelarsi efficace contro le metastasi cerebrali dei tumori Her-2, che invece i principali farmaci oggi comunemente adottati nella terapie non riescono a raggiungere. Questi farmaci inoltre, tendono ad arrestare la crescita del tumore, ma non a distruggerlo, cosa che invece sembra riuscire molto bene all'herpes mutato. Il prossimo passo sara' quello di indagare la possibilita' di veicolare il virus attraverso il sistema circolatorio, in modo da intercettare eventuali metastasi tumorali ignote, oltre ovviamente a portare la sperimentazione sull'uomo.

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905191132-hpg-rsa0009-creato_a_bologna_virus_herpes_anti_cancro

SCOPERTO LEGAME TRA CONTRACCETTIVI E TUMORI

SCOPERTO LEGAME TRA CONTRACCETTIVI E TUMORI

New York - Ogni metodo contraccettivo puo' avere le sue conseguenze sulla salute della donna, proteggendo da alcuni tumori, ma aumentando il rischio di ammalarsi di altri. Sotto la lente di ingrandimento tre sistemi: la pillola, la spirale e la legatura delle tube di Falloppio (sterilizzazione tubarica). L'equipe del Dr. Xiao-Ou Shu del Vanderbilt University Medical Center di Nashville, Tennessee, ha studiato 66.661 donne cinesi tra i 40 e i 70 anni per capire la connessione fra i tre metodi contraccettivi e una serie di tumori. Tra le donne analizzate, il 19,4% aveva usato la pillola contraccettiva in qualche momento della sua vita, il 44,9% la spirale e il 12,4% la legatura delle tube. Nel corso del follow-up di circa sette anni e mezzo, 2.250 donne si sono ammalate di cancro, come si legge sull'International Journal of Cancer. E' risultato che la pillola aumentava il rischio di tumore della cistifellea e, forse, del colon; tuttavia, cominciare a prendere il contraccettivo orale prima dei 29 anni diminuiva il rischio di cancro del seno. La spirale riduceva il rischio di cancro alla tiroide, specialmente nelle donne giovani, ma legare le tube faceva salire il rischio di tumore dell'utero e della cistifellea, pur riducendo il rischio di cancro allo stomaco.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200905181150-hpg-rsa0016-scoperto_legame_tra_metodi_contraccettivi_e_tumori

CLONATI EMBRIONI UMANI

Ricercatore Usa annuncia:
ho clonato embrioni umani

La nascita del primo bambino clonato è vicina. L'annuncio choc è stato fatto da un ricercatore americano, Panayiotis Zavos, che ha clonato quattordici embrioni umani e ne ha impiantati undici in quattro donne (provenienti da Gran Bretagna, Stati Uniti e da un Paese dell'est europeo). La notizia è riportata dal sito del quotidiano 'The Independent'. La clonazione, filmata dal regista-documentarista Peter Williams per Discovery Channel prima dell'impianto, sarebbe stata compiuta in un laboratorio segreto, probabilmente nell'Est Europa; nessuno degli embrioni impiantati ha portato ad una gravidanza effettiva: «Se intensifichiamo i nostri sforzi - ha dichiarato l'andrologo - possiamo arrivare ad avere un bambino clonato nell'arco di 1-2 anni». La finalità, ha sottolineatoZavos, è la riproduzione: «La mia ambizione è aiutare le persone». Sempre secondo il 'The Independent', decine di coppie avrebbero contattato il ricercatore nella speranza di poter superare i propri problemi di infertilità attraverso l'utilizzo della stessa tecnica di clonazione che venne usata per la creazione della pecora Dolly nel 1996.
Zavos ha anche rivelato di aver creato un embrione umano clonato da tre persone morte, tra cui una bimba di 10 anni - Cady - morta in un incidente stradale (un esperimento realizzato su richiesta dei parenti stravolti dal dolore e che volevano ricreare cloni dei loro amati). In questo caso, Zavos ha fuso cellule prese dai cadaveri non con ovuli di esseri umani, ma con ovuli prelevati da mucche a cui era stato estratto il materiale genetico; una procedura che gli ha permesso di creare un modello ibrido animale-umano, che gli ha consentito di studiare il procedimento di clonazione umana. Il ricercatore ha assicurato che non era sua intenzione trasferire nessuno di questi embrioni nel grembo femminile, per quanto la madre di Cady gli avesse detto che era disponibile se ci fosse stata anche una sola speranza di riportare in vita la bimba.


http://www.libero-news.it/pills/view/10085

Depressione post-parto-Colpisce anche i papà

Depressione post-parto
Colpisce anche i papà

Quando un bebè arriva in casa sono tutti felici. Almeno all'apparenza. Ma sentirsi inappropriati e impreparati, in realtà, è sentimento più diffuso del previsto. La depressione post-parto non tocca solo le madri, alle prese con il trauma della gravidanza, ma anche i padri. Cinque neopapà su 100 entrano nel tunnel del mal di vivere. Con gravi rischi per il benessere della coppia, della partner e del bambino. A descrivere la versione maschile del baby-blues, sperimentato in forma patologica dal 10-12% delle mamme, è uno studio condotto a Milano dall’equipe dello psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli. I dati sono stati diffusi oggi in Comune, durante la presentazione del nuovo sito web www.centropsichedonna.it.
"Abbiamo replicato, in piccolo, uno studio britannico pubblicato sulla rivista 'Lancet', secondo cui il 4% dei padri soffre di depressione post-parto - spiega Mencacci - Abbiamo arruolato 120 neopapà, tutti italiani, 35 anni in media, con un lavoro stabile e un livello di istruzione medio-alta. E i risultati sono in linea con quelli inglesi: il 5% del nostro campione, analizzato sulla base di specifiche scale di valutazione scientificamente validate, ha mostrato una forma di depressione" direttamente legata al lieto evento. "Sintomi che durano circa un anno, quindi un po' meno rispetto a quelli femminili - aggiunge l’esperto - ma che possono avere pesanti ripercussioni sulla vita della coppia e del bebè", avverte.

Tra i partner nascono incomprensioni che "possono portare anche alla rottura del rapporto". Ma quel che è peggio, sottolinea Mencacci, è che "un padre depresso può anche diventare violento nei confronti della donna e del bambino". Non solo: "Nei bimbi maschi questo malessere paterno può portare a disturbi comportamentali già evidenti nella prima adolescenza", precisa.



La depressione scatenata dall’arrivo di un figlio resta un grande tabù. "Tutti si aspettano che una nascita sia per forza di cose un momento di gioia, quindi le vittime della depressione post-parto vivono un’insopportabile vergogna", testimonia Mencacci. Ecco perchè con il nuovo portale "vogliamo offrire un supporto concreto alle neomamme, ma anche ai papà, ai nonni" e a tutti gli uomini della famiglia. Nella società moderna, infatti, il 'sesso fortè diventa un remoto ricordo: "Se le donne vivono grandi disagi, i maschi soffrono enormi debolezze".

Ma perchè il baby-blues ha contagiato i papà?

"I problemi alla base non sono sicuramente biologici e ormonali, come può accadere nella donna - prosegue lo psichiatra - Per l’uomo si tratta invece di una reazione allo stress, una difficoltà di adattamento associata a diversi fattori. Molti padri, per esempio, oggi sono assolutamente impreparati al progetto genitoriale, alla trasformazione della donna durante e dopo la gravidanza, alla fatica di ritrovare un equilibrio di coppia dopo la nascita di un bimbo e all’impossibilità materiale che tutto ritorni come prima".

Risultato finale: la coppia può scoppiare e la violenza fa capolino tra le mura di casa: "Violenze in gravidanza e dopo, violenze sul bambino, casi estremi in cui si arriva addirittura all’omicidio", come ci insegnano le pagine di cronaca nera. "Misteriosamente, poi, mentre le figlie femmine sembrano protette dalle possibili conseguenze della depressione post-parto paterna, i maschietti riportano conseguenze nel tempo: problemi nella condotta" a scuola, a casa e con gli amici, e "forme di iperattività non riconducibili all’Adhd (sindrome da deficit di attenzione e iperattività), ma comunque caratterizzate da difficoltà a concentrarsi o a memorizzare". Da qui "l'invito forte ad occuparsi della coppia a 360 gradi", conclude l’esperto.

http://www.libero-news.it/pills/view/11253

Gemelli nati da padri diversi

gemelli di padri diversi Scienza |
Simona Verrazzo
Pubblicato il giorno: 19/05/09
Capita una volta su un milione


Gemelli ma di padri diversi. È capitato a una mamma di Dallas, Mia Washington, che grazie al test del DNA ha scoperto la differente paternità dei suoi due figli. L’evento è eccezionale perché i piccoli, che hanno undici mesi, sono gemelli e le possibilità che un caso del genere si verifichi sono 1 su 1.000.000.

La donna texana è ricorsa al test del DNA quando si è accorta che i gemellini, Justin e Jordan, non si assomigliavano affatto, a parte la pelle scura. Raccontando la sua incredibile storia prima al quotidiano britannico The Sun e poi alla tv americana Fox News, ha spiegato che all’epoca del concepimento aveva una relazione con James Harrison, suo attuale compagno, ma anche con un altro partner di cui però non ha voluto rivelare il nome. Il test del DNA è stato chiaro: soltanto Jordan è figlio dell’uomo, che però ha deciso di continuare a crescere Justin come figlio suo. «Sono fortunata perché James vuole bene davvero a tutti e due, quando diventeranno grandi racconteremo loro la verità», ha detto la donna, che adesso è nuovamente incinta e, scherzosamente, dice che sulla paternità di questo terzo bebé non ci sono dubbi.

Stupore tra i medici
Stupiti anche al Clear Diagnostics di Dallas, dove sono state fatte le analisi. «È incredibile – ha detto la direttrice Genny Thibodeaux – La maggior parte della gente non crede che una cosa del genere possa accadere, invece è così».

Tecnicamente la cosa è piuttosto semplice da spiegare: i due ovuli sono stati fecondati da due differenti tipi di sperma (quindi appartenenti ad altrettanti uomini): biologicamente i due gemelli sono in realtà fratellastri.

L’eccezionale caso di Justin e Jordan (in termini scientifici “superfecondazione eteropaternale”) riporta alla luce tutta la particolarità dell’universo dei gemelli, nei secoli passati additati come “figli del diavolo”, e così ancora considerati in alcune zone dell’Africa. Justin e Jordan non sono né gemelli identici (o gemelli veri o monozigotici), cioè nati da un solo ovulo fecondato da un solo spermatozoo che si divide in due generalmente tra il 4° e il 12° giorno; ma non sono neppure gemelli fraterni (o gemelli falsi o dizigotici), cioè nati da due (o più) ovuli diversi, rilasciati dalle ovaie nello stesso periodo e fecondati da altrettanti spermatozoi (appartenenti allo stesso uomo). Justin e Jordan sono nati da due ovuli differenti e da spermatozoi appartenenti ad altrettanti differenti uomini. In letteratura di casi come questi se ne contano una decina, ma stavolta è il primo comprovato dal test del DNA, che per il 99,99 per cento assegna la diversa paternità.



http://www.libero-news.it/articles/view/545456

Caso di studio
La gravidanza di Mia Washington diventerà un caso di studio, vista la rarità del fenomeno. Ma di eventi unici vive la storia dei gemelli. È il caso di una coppia inglese. Lui si chiama Dean Durrant ed è nero, lei si chiama Allison Spooner ed è bianca. Sette anni fa hanno avuto un’eccezionale coppia di gemelle: una con la pelle bianca, gli occhi azzurri e i capelli biondi; l’altra con la pelle, gli occhi e i capelli neri. Hayleigh e Lauren sono un caso raro ma non eccezionale. Eccezionale è il fatto che Dean e Allison, lo scorso novembre, siano di nuovo diventati genitori e – per la seconda volta – di una coppia di gemelle, Miya e Leah. Come sette anni fa, una è nata con la pelle bianca e l’altra con la pelle nera.

http://www.libero-news.it/articles/view/545456

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IL CASO
Gemelli nati da padri diversi
La madre: "Sono scioccata"
Il clamoroso parto a Dallas nel Texas. La donna, quando si è accorta dei tratti del volto diversi, ha chiesto il test di paternità: "Quando diventeranno grandi gli racconteremo la verità"
NEW YORK - Si era accorta che i suoi due figli - Justin e Jordan - presentavano tratti del volto diversi e per questo aveva richiesto i test della paternità. Mai però la texana Mia Washington si sarebbe aspettata che il risultato avrebbe dimostrato che i due gemelli sono nati da due padri diversi. In fondo, c'era solo lo 0,01% di possibilità.

Il clamoroso esito del test si spiega con la presenza di due ovuli fecondati da due sperma diversi. Persino gli scienziati del laboratorio del Dna di Dallas ne sono rimasti sorpresi e hanno definito pazzesca la situazione.

Sorpresa, lo è anche la 20enne Mia Washington la madre dei gemelli, costretta a confessare al marito tradito di avere avuto un'altra relazione. "Sono scioccata - ha detto Mia -, di tutte le persone che ci sono in America e nel mondo, proprio a me doveva capitare...".

Ma nonostante l'incredibile situazione la ragazza può anche tirare un sospiro di sollievo: "Sono fortunata perché James - il nome dell'uomo tradito - mi vuole davvero bene e mi ha perdonata. Quando Justin e Jordan diventeranno grandi gli racconteremo la verità". Contando sul fatto che spesso la verità supera le fantasie più incredibili. Come questa.

(18 maggio 2009)

http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/scienze/gemelli-con-padri-diversi/gemelli-con-padri-diversi/gemelli-con-padri-diversi.html

martedì 19 maggio 2009

ENDOMETRIOSI

Malattie in gravidanza





ENDOMETRIOSI




L’endometriosi è una patologia che colpisce le donne in età riproduttiva, caratterizzata dalla disseminazione o dalla crescita di tessuto endometriale in sedi anomale.



L’endometrio è il tessuto che riveste la superficie interna dell'utero che cresce e, successivamente, si sfalda ogni mese durante il ciclo mestruale. Nell'endometriosi, tessuto simile all'endometrio si individua al di fuori dell'utero, in altre zone del corpo. In tali sedi il tessuto endometriale si sviluppa in "tumori", "noduli", "lesioni", "impianti" o "escrescenze". Tali formazioni possono essere causa di dolore, sterilità e altri problemi.


Tali formazioni si localizzano più frequentemente nell'addome interessando le ovaie, le tube di Falloppio, i legamenti dell'utero, l'area tra la vagina e il retto, la superficie esterna dell'utero e il tessuto di rivestimento della cavità peritoneale. Talvolta queste lesioni si trovano anche nelle cicatrici addominali post-chirurgiche, sull'intestino o nel retto, sulla vescica, vagina, cervice e sulla vulva (genitali esterni). Lesioni endometriosiche sono state trovate anche all'esterno dell'addome, nel polmone, sul braccio, nella coscia e in altre zone, ma si tratta di casi rari.


Le formazioni endometriosiche non sono in genere maligne o cancerose: si tratta di un tessuto normale situato in una sede anomala (tuttavia, in questi ultimi decenni c'è stato un aumento nella frequenza con cui lesioni maligne si sono sviluppate o sono state osservate in concomitanza con endometriosi). Come il rivestimento dell'utero, le lesioni endometriosiche sono di solito sensibili agli ormoni del ciclo mestruale. Ogni mese si sviluppano, si sfaldano e sono causa di sanguinamento.


Però, diversamente dalla superficie interna dell'utero, il tessuto endometriale al di fuori di esso non ha modo di fuoriuscire all'esterno del corpo. Il risultato è un sanguinamento interno, con degenerazione del sangue e del tessuto sfaldato dalle lesioni, infiammazione delle aree circostanti, e formazione di tessuto cicatriziale.



Altre complicazioni, dipendenti dalla localizzazione delle lesioni, possono essere la rottura di tali lesioni (che può essere causa di diffusione ad altre aree), la formazione di aderenze, il sanguinamento o l'ostruzione intestinale (se le lesioni si localizzano nell'intestino o nelle sue vicinanze), disturbi vescicali (se le lesioni sono a livello vescicale) e altri problemi. I sintomi sembrano intensificarsi nel tempo, sebbene in alcuni casi si abbiano cicli di remissione e di ricorrenza.



CAUSE



La causa dell'endometriosi è sconosciuta. Diverse teorie sono state proposte, ma nessuna di esse può spiegare tutti i casi.

Una prima teoria è quella della mestruazione retrograda o transsalpingea: secondo questa teoria, durante la mestruazione, del tessuto mestruale migra in senso inverso nelle tube, si impianta nell'addome e cresce. Secondo alcuni esperti la migrazione retrograda è presente in tutte le donne, ma solo nelle donne afflitte da endometriosi un difetto immunitario e/o ormonale permette al tessuto di radicarsi e crescere.



Un'altra teoria propone che il tessuto endometriale si distribuisca dall'utero ad altre aree del corpo per mezzo del sistema linfatico o sanguigno.



Una teoria genetica suggerisce che la malattia possa essere trasmessa in alcune famiglie attraverso il genoma o che alcune famiglie possano avere fattori predisponenti all'endometriosi.


Un'altra teoria propone che tessuto residuo dal periodo embrionale possa successivamente trasformarsi in tessuto endometriosico o che alcuni tessuti dell'adulto mantengano la capacità che avevano durante la vita embrionale di trasformarsi in tessuto riproduttivo in alcune circostanze.



Secondo alcune fonti, talvolta durante un'operazione chirurgica il bisturi stesso può trasportare cellule di endometrio e diventare così causa di impianti endometriosici in corrispondenza di cicatrici addominali post-chirurgiche. Tuttavia questi impianti sono stati osservati anche in cicatrici dove il cosiddetto trapianto chirurgico sembrava improbabile.

La International Endometriosis Association ed altri ricercatori stanno cercando di formulare altre teorie.



SINTOMI



I sintomi riscontrati più frequentemente in caso di endometriosi sono dolori prima e durante le mestruazioni (in genere più intensi dei soliti crampi mestruali), dolori durante o dopo i rapporti sessuali, sterilità e sanguinamento intenso o irregolare.



Altri sintomi che si presentano possono essere: stanchezza, dolori che si irradiano verso la zona rettale, dolore all'ovulazione, dolore alla regione lombare, diarrea e/o stitichezza e altri disturbi intestinali. Alcune donne con endometriosi non hanno nessun tipo di disturbo. La sterilità colpisce il 30-40% circa delle donne con endometriosi ed è un esito comune con il progredire della malattia.


L'intensità del dolore non è in rapporto all'estensione o alle dimensioni delle lesioni. Piccole formazioni (dette petecchiali) si sono rivelate più attive nella produzione di prostaglandine. Le prostaglandine sono sostanze sintetizzate in tutto il corpo, implicate in numerose funzioni, e ritenute responsabili della maggior parte dei sintomi dell'endometriosi e questo potrebbe spiegare la sintomatologia significativa che spesso accompagna la presenza di impianti piccoli.



DIAGNOSI



La diagnosi di endometriosi, in genere, non è considerata certa fino a quando non viene provata con la laparoscopia. La laparoscopia è un intervento chirurgico minore, eseguito in anestesia generale, in cui l'addome della paziente viene disteso con anidride carbonica, per facilitare la visione degli organi interni, e un laparoscopio (un tubo con all'interno un fascio di luce trasportato da fibre ottiche) viene inserito nell'addome tramite una piccola incisione. Muovendo il laparoscopio nell'addome il chirurgo, se attento e rigoroso, può controllare la condizione degli organi addominali e osservare le lesioni endometriosiche.


Un medico spesso può rilevare le lesioni endometriosiche alla palpazione (visita ginecologica) e, di solito, la sintomatologia è indicativa per endometriosi, ma i testi medici insegnano che non è buona prassi trattare questa malattia senza confermare la diagnosi. Talvolta il cancro dell'ovaio si presenta con gli stessi disturbi dell'endometriosi e la terapia ormonale (in particolare la componente estrogenica), che è spesso indicata nel trattamento dell'endometriosi, può determinare un accrescimento della neoplasia. Inoltre la laparoscopia dà informazioni su localizzazione, estensione e dimensioni delle lesioni e può quindi aiutare il medico e la paziente a prendere delle migliori decisioni a lungo termine per quanto riguarda la terapia ed eventuali gravidanze.



TERAPIA



La terapia dell'endometriosi è cambiata nel corso degli anni, ma una cura risolutiva non è stata ancora trovata. L'isterectomia con annesiectomia bilaterale veniva considerata una cura "definitiva", ma le ricerche della International Endometriosis Association hanno dimostrato un elevato tasso di continuazione e/o di recidiva anche dopo l'operazione, tanto che ogni donna dovrebbe conoscere in anticipo questa possibile realtà, per poter decidere in modo consapevole.



Il dolore dell'endometriosi di solito è trattato con antidolorifici. Lo scopo della terapia ormonale invece è di bloccare l'ovulazione il più a lungo possibile e questo può portare a una remissione dell'endometriosi durante la terapia e talvolta anche per mesi o anni dopo. La terapia ormonale può consistere nella somministrazione di estrogeni e progesterone, del solo progesterone, di un derivato del testosterone (danazolo), o di una nuova classe di farmaci, gli analoghi del GnRH (gonadotropin releasing hormone). Per alcune donne si hanno effetti collaterali con ognuna delle terapie ormonali proposte. I possibili effetti negativi dovrebbero essere illustrati alle pazienti, prima di decidere o meno se sottoporsi a questa o quella terapia.


Poiché la gravidanza di frequente causa una remissione temporanea della sintomatologia e poiché si pensa che l'insorgenza di sterilità diventi più probabile con il perdurare della malattia, spesso si consiglia alle donne con endometriosi di "avere una gravidanza" il più presto possibile. Tuttavia questa modalità "terapeutica" presenta numerosi problemi. Potrebbe darsi che la donna non abbia ancora deciso se avere figli o meno, sicuramente una delle decisioni più importanti della vita. Può non disporre degli elementi fondamentali (partner, mezzi finanziari, ecc.) necessari per portare avanti una gravidanza e per crescere i figli. Potrebbe darsi che la donna sia già sterile.


Altri fattori possono rendere ancora più difficile la decisione e l'esperienza della gravidanza. Alcune ricerche hanno dimostrato inoltre che esiste una certa tendenza familiare a questa malattia e di conseguenza il rischio di insorgenza di endometriosi e problemi sanitari correlati nella prole di queste donne é maggiore.


Viene anche utilizzata la chirurgia conservativa, con l'uso del laparoscopio, che comporta l'escissione o la distruzione delle lesioni e che può, in alcuni casi, alleviare i sintomi e permettere una gravidanza. Ciò nonostante, come per le altre modalità terapeutiche, le ricorrenze sono frequenti. La chirurgia laparoscopica (detta laparoscopia operativa) si sta rapidamente sostituendo alla laparotomia, intervento che comporta un'incisione di circa 10 cm e tempi di convalescenza molto più lunghi.



Nella laparoscopia operativa la chirurgia viene praticata attraverso il laparoscopio, con l'uso del laser, dell'elettrocoagulatore o con piccoli strumenti chirurgici. La chirurgia radicale, ossia l'isterectomia, e l'eliminazione delle lesioni endometriosiche e delle ovaie (per prevenire ulteriori stimolazioni ormonali) diviene necessaria in caso di endometriosi complicata e di lunga durata.


Anche la menopausa, in genere, blocca l'attività dell'endometriosi lieve o moderata. Tuttavia, anche dopo la chirurgia radicale o in menopausa, un'endometriosi severa può essere riattivata dalla terapia estrogenica sostitutiva o da una produzione continua di ormoni dopo la menopausa. Alcuni autori suggeriscono che non venga data terapia ormonale sostitutiva per un breve periodo (3-9 mesi) dopo l'isterectomia con annessiectomia per endometriosi.





Fonte: Endometriosis Association

http://www.gravidanzaonline.it/malattie/endometriosi.html

Da cosa puo' dipendere il colore scuro delle mestruazioni?

Da cosa puo' dipendere il colore scuro delle mestruazioni?


Come tu già saprai la mestruazione è dovuta al disfacimento dello strato superficiale dell’endometrio uterino accompagnato dalla rottura di vasi sanguinii. Per tale motivo il flusso mestruale è di colorito rosso ma può variare da chiaro a scuro. Questo può dipendere dal fatto che il sangue derivato dallo sfaldamento dell’endometrio fuoriesca subito dalla cavità uterina o che vi rimanga in modo da permettere la formazione di piccoli coaguli scuri o comunque la trasformazione di alcune sostanze presenti nei globuli rossi del sangue, che giustificano tale aspetto. Questo non comporta alcun problema. Le alterazioni riguardano più che altro il ritmo della comparsa, la quantità di sangue che viene persa e l’eventuale presenza di sintomi associati.
http://www.alfemminile.com/__e1519-Mestruazioni-scure.html

mercoledì 6 maggio 2009

CONTRACCEZIONE MASCHILE: IL PILLOLO CINESE

CONTRACCEZIONE
Il "pillolo" è una puntura
Funziona al 99 per cento
La scoperta degli scienziati cinesi. E' l'esperimento più vasto di un anticoncezionale maschile basato sul testosterone dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI



LONDRA - Sta per arrivare la pillola maschile. Solo che non è una pillola. E' un'iniezione nel sedere. Funziona nel 99 per cento dei casi, la stessa percentuale della pillola anticoncezionale per le donne, e dunque promette un futuro in cui la responsabilità di procreare o meno sarà suddivisa equamente tra i due sessi.

Senza più scaricare l'onere di non restare incinta soltanto su quello femminile. Non saranno più solo le donne a doversi ricordare di prendere la fatidica pillolina, ma già tra di loro sorgono i primi dubbi: si ricorderanno, gli uomini, di fare l'iniezione alla data prevista? Dimenticare, per una donna, comporta il rischio di una gravidanza non desiderata. Ma se dimentica l'uomo, a lui, personalmente, non succede niente.

Pubblicata da un'influente rivista scientifica britannica, il Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, la notizia proviene dalla Cina, paese che ha fortemente investito nella ricerca dei metodi anticoncezionali per fare fronte al suo pressante problema demografico. Scienziati del Centro ricerche per la Pianificazione familiare di Pechino hanno iniettato per due anni dosi di testosterone in mille volontari uomini: per tutto quel periodo soltanto l'1 per cento ha avuto figli. Gli uomini erano tra i 20 e i 45 anni d'età e nei due anni precedenti avevano avuto almeno un figlio. Erano sposati con donne tra i 18 e i 38 anni che non avevano mai avuto problemi di riproduzione. L'esperimento è il più ampio mai condotto su un anticoncezionale maschile basato sul testosterone. La quota del 99 per cento di efficacia equivale a un pieno successo, considerato che nessun anticoncezionale funziona al 100 per cento: tra l'1 e il 2 per cento delle donne che prendono la pillola restano incinte.


Commenta il dottor Yi-Qun Gu, uno dei ricercatori impegnati nel progetto: "Per le coppie che non possono o preferiscono non usare i contraccettivi femminili, l'alternativa finora era limitata alla vasectomia, ai profilattici o al coitus interruptus. Il nostro studio dimostra che un contraccettivo ormonale maschile può essere una soluzione valida". La pillola anticoncezionale, introdotta negli anni Sessanta, rivoluzionò i rapporti sessuali ma assegnò esclusivamente alle donne il peso della responsabilità di riprodursi: erano loro a doverla prendere e a non dimenticare il rito quotidiano. Da anni la scienza cerca un "pillolo", una pillola per l'uomo, ma i tentativi fatti fino ad ora avevano incontrato problemi di affidabilità e di effetti collaterali negativi, come sbalzi di umore e una diminuzione della libido sessuale.

Nell'esperimento in Cina, gli uomini hanno ricevuto dosi di 500 milligrammi di testosterone, riducendo la produzione di due agenti chimici del cervello che a loro volta fermano la produzione di sperma. Non ci sono stati effetti collaterali negativi, tranne un attacco di forte acne in alcuni volontari, e il procedimento è reversibile: sei mesi dopo l'ultima iniezione, lo sperma è tornato ai livelli per la riproduzione. Ulteriori test saranno necessari per valutare le conseguenze a lungo termine: se andrà tutto bene, il "pillolo" potrebbe essere introdotto sul mercato entro cinque anni. "Era ora", commenta la Family Planning Association, un'associazione britannica che si occupa del controllo delle nascite.

(6 maggio 2009)



http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scienze/contraccezione/pillolo-puntura/pillolo-puntura.html?ref=hpspr1

domenica 8 marzo 2009

Uomo: la prevenzione si fa a tavola

Uomo: la prevenzione si fa a tavola
Al via la settimana andrologica

Tutto merito del VIP. E’ questo (Vasoactive Intestinal Polipeptide) il nome dell’ormone che aumenta il piacere sessuale ad opera di sostanze contenute in alcuni alimenti. E’ infatti possibile amplificare il piacere grazie alla vasodilatazione conseguente all’assunzione di certi cibi, ovvero solo se sia ha una corretta circolazione sanguigna, cioè solo se il nostro corpo è in salute, insomma solo se ci nutriamo nella maniera adeguata. La prevenzione è sempre di importanza fondamentale: a volte piccoli sintomi di alterazione nella sfera sessuale possono nascondere problematiche serie a carico di altri organi o apparati: ne è un esempio la storia del 31enne Riccardo Gai, che si è salvato grazie alla visita specialistica nella settimana di prevenzione andrologica dello scorso anno.

E’ questo il monito che arriva dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), durante la presentazione della Settimana di Prevenzione Andrologica. Dal 23 al 28 marzo sarà possibile per tutti gli uomini effettuare una visita specialistica gratuita in uno dei 235 centri specializzati (pubblici e privati) in tutta Italia, e chiedere consigli ad uno degli oltre 300 specialisti coinvolti. La SIA quest’anno, con il patrocinio del Ministero del Lavoro e Salute e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali ha dedicato la settimana al tema dell’alimentazione che ha un impatto determinante sulla salute sessuale e la fertilità: “Una dieta troppo ricca di carboidrati, ad esempio - spiega il dott. Vincenzo Gentile, Presidente della SIA - può provocare una risposta insulinica anomala cui consegue il calo del testosterone”.




Bisogna dunque preferire cibi freschi, limitare i grassi animali, variare la nostra alimentazione. “La dieta mediterranea, combinando nutrienti differenti – precisa il dott. Nicola Mondaini, urologo all’Ospedale di S. Maria Annunziata a Firenze - permette di prevenire i danni al sistema cardiocircolatorio, e quindi all’apparato genitale maschile e alla sua capacità erettile”.

Nonostante non sia ancora stato dimostrato scientificamente, sappiamo tutti quanto la sfera sessuale venga influenzata da suggestioni dettate da odori, forme, sapori. Afrodisiaco è ciò che permette di accendere il desiderio, accrescere energie fisiche, esaltare i sensi ed aumentare l’intensità degli stimoli, niente a che vedere con l’azione che deriva da farmaci come ad esempio il Viagra. Il legame 'cibo-sesso' dunque si sostanzia nell’ormone (il VIP) che “provoca la vasodilatazione dei corpi cavernosi dei genitali, che sia nel maschio che nella femmina tendono a riempirsi di sangue – spiega Mondaini -. Fra gli altri alleati dell'amore ci sono anche altri ormoni come l'androstendiolo, presente ad esempio nel tartufo, la feniletilamina, che ritroviamo nel formaggio e nel cioccolato e che viene prodotto dal cervello nella fase dell’innamoramento. La senape attiva le ghiandole sessuali, lo zafferano stimola le zone erogene, ed il sedano fluidifica il sangue”. Per prevenire dunque patologie, disfunzioni o frustrazioni sessuali bisogna fare attenzione a ciò che si mangia già dall’età dell’adolescenza. “Per questo è indispensabile che siano soprattutto i ventenni e i trentenni – prosegue il dott. Mondaini – a sottoporsi al controllo andrologico preventivo, perché possono evitare fastidi e sofferenze, che se scoperte in età avanzata risultano incurabili”.

Per fissare le visite gratuite nel centro più vicino: numero verde 800999277 (dal 9 marzo al 4 aprile dalle 9 alle 18) o sul sito www.andrologiaitaliana.it





Nadia Baldi


http://www.tgcom.mediaset.it/tgmagazine/articoli/articolo443364.shtml

venerdì 6 marzo 2009

Vino rosso amico donne, più focose con un bicchiere al giorno. Vegetariani a rischio 'flop'

Vino rosso amico donne, più focose con un bicchiere al giorno. Vegetariani a rischio 'flop'

A certificare la 'ricetta' amica dell'amore l'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze: bastano piccole quantità quotidiane del 'nettare di Bacco' per innescare un'autentica rivoluzione sotto le lenzuola. Mentre attenzione alla dieta 'verde': se povera di zinco ha effetti negativi sul desiderio


Milano, 6 mar. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Il segreto del sesso 'in rosa'? Uno o due bicchieri di vino rosso al dì. Secondo gli esperti, bastano piccole quantità quotidiane del 'nettare di Bacco' per innescare un'autentica rivoluzione sotto le lenzuola. E non solo grazie alla sua capacità di spogliare dalle inibizioni: il vino rosso incide direttamente sulla funzionalità sessuale.

A certificare la 'ricetta' amica dell'amore è, non a caso, l'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze, meglio noto come ospedale del Chianti per la sua localizzazione geografica nella culla di uno dei vini italiani più famosi. Proprio in Toscana, dove il fiaschetto ricoperto di paglia è un simbolo, un gruppo di ricercatori ha deciso di approfondire le virtù nascoste del vino rosso, con uno studio su un campione di 789 donne di età compresa tra i 18 e i 50 anni, residenti nel Chianti. La ricerca, citata oggi a Milano durante la presentazione della IX Settimana della prevenzione andrologica promossa dalla Società italiana di andrologia (Sia), parla chiaro: le donne stregate dal 'rosso' hanno una sessualità complessiva migliore rispetto alle astemie e a quelle che bevono occasionalmente.

Sul fronte opposto, una brutta notizia arriva invece per i vegetariani. Smentendo lo slogan pro-dieta vegetariana al centro dell'ultima campagna pubblicitaria della Peta (l'organizzazione per la protezione degli animali), gli esperti infatti avvertono che mangiare 'verde' fa male all'amore. Vegetariani dunque a rischio 'flop' sotto le lenzuola e "il motivo è da ricercare nella loro alimentazione che rischia di essere povera di zinco. Una sostanza preziosa, la cui carenza è strettamente associata alla riduzione del testosterone e alla depressione dello stimolo sessuale", spiega Nicola Mondaini, dirigente medico dell'ospedale Santa Maria Annunziata.

"A farne le spese è il desiderio, sul quale - conferma lo specialista - il vegetarianismo puo' avere effetti estremamente negativi". Non sempre mangiare verde equivale a mangiare sano, aggiunge l'andrologo. "Tutto dipende da quello che si consuma. Le verdure fritte, per esempio, se mangiate in eccesso non giovano alla salute ma, al contrario, possono essere causa di disordini cardiovascolari e di problemi legati all'aumento del colesterolo nel sangue". Il messaggio dell'andrologo è chiaro: "Ci tenete a far bella figura sotto le lenzuola? Cominciate a far ordine sulla vostra tavola", conclude.



http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=3.0.3078499479

martedì 24 febbraio 2009

SESSO: LA MUSICA INFLUENZA LE ABITUDINI DEI GIOVANI

SESSO: LA MUSICA INFLUENZA LE ABITUDINI DEI GIOVANI

(AGI) - Roma, 24 feb. - Gli adolescenti iniziano troppo presto a fare sesso? Forse dipende dalla musica che ascoltano. Lo rivela uno studio condotto dalla Pittsburgh University su 711 giovani a cui sono state fatte domande sulla loro vita sessuale e sulle loro preferenze musicali. Secondo i ricercatori dell'universita' americana, infatti, chi ascolta canzoni che contengono all'interno del testo frasi esplicite e degradanti riferite al sesso hanno "il doppio di probabilita', rispetto ai loro coetanei che ascoltano un altro genere di brani, di fare sesso". Molti esperti pero', soprattutto i medici, rimangono scettici e ritengono troppo semplicistico collegare le abitudini sessuali degli adolescenti alla musica che ascoltano. Per il dottor Brian Primack, a capo del gruppo dei ricercatori che hanno condotto lo studio, "i genitori dovrebbero parlare di sesso con i loro figli e inserire in questi discorsi anche riferimenti alla musica che ascoltano". Sulla ricerca da lui condotta, Primack comunque non si sbilancia ma ammette che dai risultati "sembrerebbe certamente esserci un collegamento tra musica attivitৠsessuale degli adolescenti".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241321-att-rsa0016-art.html

UN'ITALIANA SU 8 MALATA DI ENDOMETRIOSI

UN'ITALIANA SU 8 MALATA DI ENDOMETRIOSI

AGI) - Roma, 24 feb. - Mal di pancia, forti dolori mestruali, disturbi ciclici urinari o intestinali, dolori durante i rapporti sessuali. Potrebbero essere i sintomi di una malattia diffusissima e misteriosa: l'endometriosi. Ben tre milioni di donne ne sono colpite solo in Italia, circa una su otto, ma nella fascia di eta' 29-39 anni ne e' affetta addirittura una su due. Con rischi non da poco: dal 30 al 40% delle malate arriva all'infertilita', e ci sono anche casi di tumore ovarico (fino al 3%) o di Hpv. Pochissime di queste donne sanno di essere malate, tanto che in media c'e' un ritardo di nove anni tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi. Per questo il Ministero della Salute, in collaborazione con l'Azienda Ospedaliera Sant'Andrea di Roma, ha varato una campagna di comunicazione capillare (dal titolo "Quello che non so di me") per favorire una connoscenza migliore dei sintomi dell'endometriosi, stimolare il ricorso al medico di fiducia, prevenire il rischio infertilita'. Il tutto tramite un video di tre minuti, realizzato da giovani e destinato ai giovani (con la colonna sonora dei Velvet), che sara' proiettato fino al 16 marzo nelle 172 sale del circuito Warner Village Cinemas. E poi opuscoli informativi, locandine, calendari e messaggi radiofonici. "L'endometriosi e' una malattia silenziosa - ha spiegato il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, che ha presentato l'iniziativa insieme al direttore generale del Sant'Andrea Vitaliano De Salazar e al prof. Massimo Moscarini - a cui spesso le donne non danno peso finche' il dolore non e' forte. Comporta aspetti invalidanti, come le assenze dal lavoro, e il rischio di infertilita'. Per questo il 9 marzo faremo un convegno al Ministero, mentre un Gruppo di Studio nazionale si riunira' per fornire ai ricercatori uno strumento utile per lo sviluppo di una ricerca interdisciplinare per chiarire gli aspetti ancora sconosciuti della patologia". L'endometriosi infatti, pur cosi' diffusa, e' un mistero: tecnicamente, spiega il prof. Moscarini, capodipartimento di Ginecologia al S.Andrea, "e' una malattia estrogeno-dipendente in cui il tessuto endometriale determina delle lesioni al di fuori dell'utero". Tuttavia "non esiste ad oggi alcun protocollo terapeutico riconosciuto e la maggior parte delle attuali cure mediche non sono adatte a lungo termine a causa degli effetti collaterali". Difficile anche una diagnosi efficace, senza contare la terapia, "che ha un grosso problema di recidiva, fino al 35%". Serve insomma ancora uno sforzo per far luce sulla malattia: tuttavia, denuncia Moscarini, "la ricerca sull'endometriosi e' scarsamente finanziata, probabilmente a causa della difficolta' di sviluppare proposte di ricerca competitive su una malattia compessa e poco comprensibile, che colpisce esclusivamente le donne".

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241322-att-rsa0017-art.html

ABUSI SUBITI DA PICCOLI ALTERANO GENE STRESS

ABUSI SUBITI DA PICCOLI ALTERANO GENE STRESS

(AGI) - Roma, 23 feb. - Gli abusi subiti nella prima infanzia alterano in modo permanente le reazioni del cervello allo stress. Ad affermarlo, uno studio canadese partito dall'analisi delle mutazioni genetiche trovate nel tessuto cerebrale di adulti morti suicidi che avevano subito violenze da bambini. I ricercatori hanno accertato la produzione di un recettore tradizionalmente implicato nella ricezione dello stress. Gia' ricerche precedenti avevano dimostrato l'esistenza di un legame tra l'aver subito abusi in tenera eta' e un approccio particolarmente stressato ai problemi quotidiani. Ma fino a oggi non si era capito come i fattori ambientali agissero sui geni favorendo in eta' adulta la depressione o altri disturbi mentali. Il team di ricerca della McGill University di Montreal ha esaminato il gene del recettore glucocorticoide -che aiuta a controllare la risposta allo stress- in una specifica regione cerebrale di 12 suicidi con una storia di abusi alle spalle e di altri 12 senza un'infanzia di violenze. Nel primo gruppo gli scienziati hanno osservato cambiamenti chimici che hanno ridotto l'attivita' del gene e dimostrato che questo porta a un minor numero di recettori glcocorticoidi. Da qui, una risposta abnorme allo stress per coloro che hanno subito abusi. "Anche se ovviamente questi risultati dovranno essere replicati", ha osservato Jonathan Mill dell'istituto di Psichiatria del Kings College di Londra, "dimostrano che esiste un meccanismo cerebrale mediante il quale le esperienze nei primi anni di vita possono influire sui comportamenti e gli atteggiamenti dell'eta' adulta". La "cosa piu' eccitante", ha aggiunto l'esperto, riguarda il fatto che "queste alterazioni epigenetiche sono potenzialmente reversibili, e quindi rappresentano una nuova sfida sul fronte degli interventi terapeutici".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902231028-hpg-rsa0007-art.html

TUMORI, FORMAGGIO E YOGURT RIDUCONO RISCHI

TUMORI, FORMAGGIO E YOGURT RIDUCONO RISCHI

(AGI) - Washinghton, 24 feb. - Il formaggio e lo yogurt potrebbero aiutare a ridurre il rischio di sviluppare alcuni tumori. In particolare, le donne che consumano prodotti lattiero-caseari ricchi di calcio o anche solo dei supplementi hanno il 23% in meno di probabilita' di sviluppare il cancro. Gli uomini invece che consumano alimenti ricchi di calcio hanno il 16% in meno di probabilita' di ammalarsi di cancro. E' quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori National Cancer Institute degli Usa e pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno coinvolto nello studio circa 500mila persone, che hanno compilato un questionario tra il 1995 e il 1996 riguardante la loro dieta. Di tutti i soggetti studiati, 36.965 uomini e 16.605 donne si sono ammalati di cancro. Comparando questi dati con quelli rilevati tramite il questionario, i ricercatori hanno concluso che gli uomini che hanno consumato circa 1.530 milligrammi al giorno di calcio hanno avuto il 16% di probabilita' in meno di sviluppare il cancro rispetto a quelli che hanno consumato in media 526 milligrammi al giorno. Le donne, invece, che hanno consumato all'incirca 1.881 milligrammi di calcio al giorno hanno avuto il 23% di probabilita' in meno di ammalarsi di cancro rispetto a quelle che hanno consumato 494 milligrammi. La diminuzione del rischio ha riguardato maggiormente il cancro al colon. Secondo i ricercatori, il calcio ha dimostrato di essere un ottimo alleato per la prevenzione dei tumori.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241448-hpg-rsa0026-art.html

LA PILLOLA PUO' CAUSARE IL CANCRO AL SENO

STUDIO SULL'AMERICAN JOURNAL OF EPIDEMIOLOGY
LA PILLOLA PUO' CAUSARE IL CANCRO AL SENO

(AGI) - New York, 24 feb. - L'uso della pillola contraccettiva puo' favorire lo sviluppo del tumore al seno: lo ribadisce una nuova ricerca pubblicata dall'American Journal of Epidemiology. Fino ad oggi, l'associazione tra cancro al seno e contraccettivi orali si basava "per lo piu' su studi condotti prima del 1990", nota l'equipe di ricercatori, diretta dalla dottoressa Lynn Rosenberg, della Boston University. Per la sua analisi, il team della Rosenberg ha usato invece dati recenti, coinvolgendo donne che partecipavano al Case-Control Surveillance Study. I ricercatori hanno cercato di capire se l'uso della pillola contraccettiva fosse legato al rischio di cancro al seno nelle pazienti cui era stata diagnosticata la malattia tra il 1993 e il 2007 e, nel caso l'associazione fosse valida, se il rischio variasse in base alla razza o ai recettori ormonali del cancro al seno. Lo studio ha coinvolto 907 donne con cancro al seno e 1.711 sane. Le donne che avevano assunto contraccettivi orali per un anno o piu' avevano il 50% o piu' di probabilita' di ammalarsi rispetto alle donne che non li avevano assunti o li avevano presi per meno di un anno. Inoltre, l'assunzione della pillola per lungo tempo e l'appartenenza alla razza nera aumentavano le probabilita' di sviluppare il tumore, mentre la presenza dei recettori ormonali del cancro al seno non influiva sull'associazione tra contraccettivo orale e cancro al seno. "L'uso dei contraccettivi orali e' molto diffuso ed e' quindi importante mettere in guardia le donne sui possibili effetti sulla salute", conclude Rosenberg.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200902241025-mon-rsa0004-art.html

38 anni, eterosessuale, sieropositivo e inconsapevole

38 anni, eterosessuale, sieropositivo e inconsapevole

L’Aids continua a colpire in Italia e diventa sempre più subdolo. Basti pensare che negli anni Ottanta, quando si iniziò a parlare di Aids e la malattia ebbe la sua prima vera esplosione, il 70% dei sieropositivi era rappresentato da tossicodipendenti (età media: 26 anni) che si ammalavano a seguito dell’utilizzo in condivisione di aghi infetti.

Oggi, invece, solo dieci sieropositivi su cento sono tossicodipendenti, tutti gli altri sono individui che conducono una vita apparentemente normale e senza vizi e che si ammalano a seguito di un rapporto sessuale – generalmente eterosessuale – non protetto e che non si accorgono di essere malati fino a quando non è troppo tardi. Il dato emerge da un recente rapporto sulla situazione HIV nel nostro Paese presentato a Roma da Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani.

Il punto più importante di questo rapporto è proprio quello relativo alla mancanza di consapevolezza di essere sieropositivi. Ecco l’identikit del paziente-tipo nel terzo millennio: ha in media 38 anni, è eterosessuale e il pensiero di poter essere sieropositivo sembra non sfiorarlo nemmeno alla lontana, al punto da trasformarsi in veicolo di contagio per anni e anni prima di scoprire di essere malato e di iniziare a seguire una terapia antiretrovirale, che al giorno d’oggi permette alla maggior parte dei pazienti di tenere sotto controllo la malattia e di aspirare a una qualità della vita assolutamente soddisfacente.

Antinori ha spiegato che il 30% dei pazienti scopre di essere malato solo quando l’infezione ha raggiunto una fase avanzata e un quarto dei 120.000 nuovi sieropositivi non ha la minima idea di essere malato.



http://news.paginemediche.it/it/231/la-mela-del-giorno/infettivologia/detail_105069_38-anni-eterosessuale-sieropositivo-e-inconsapevole.aspx?c1=41

domenica 22 febbraio 2009

Donne in bikini, per l'uomo sono "cose"

Donne in bikini, per l'uomo sono "cose"

Gli uomini tendono ad associare le donne seminude ad oggetti piuttosto che ad esseri umani, ha rivelato di recente un studio della Princeton University.

La notizia non dovrebbe stupire né accendere polemiche: non sapevamo forse già che la donna seminuda o in atteggiamenti sessuali rievoca nella mente maschile un oggetto sul quale agire, invece che una persone con la quale interagire?

Ma la novità sta nella conferma scientifica di questa percezione comune, arrivata lunedì da ?American Association for the Advancement of Science?.

Susan Fiske, nota psicologa dell?Università di Princeton, New Jersey, ha condotto un esperimento su 21 ragazzi dell?istituto, che si identificavano come eterosessuali.
Ai ragazzi venivano mostrate diverse foto di donne vestite, seminude, o in atteggiamenti provocanti, (alcune prive di testa) mentre il team di Fiske ne monitorava l?attività celebrale.

Le foto delle donne in bikini attivavano regioni associate ad oggetti o a ?Cose che puoi maneggiare? ha affermato Fiske.
Successivamente la memoria dei ragazzi sulle foto veniva testata: ?Questi uomini ricordavano meglio i corpi femminili sessualizzati - senza testa - nonostante li avevano osservati solo per 0,2 secondi.? Ha continuato la psicologa dichiarandosi perplessa sulle implicazioni di questi risultati per la società: essi mostrano, infatti, come immagini di questo tipo possono deumanizzare le donne e incoraggiare gli uomini a pensarle in termini di oggetti.

Fiske ci è andata cauta, non ha voluto accusare o muovere critiche, ma la logica conseguenza dell?oggettificazione di un essere umano (come abbiamo anche visto in tante propagande belliche) è la giustificazione di violenze o ingiustizie attuate nei suoi confronti.
Mi viene in mente uno libro del ?99 di Jean Kilbourne, esperta di media, intitolato ?Deadly Persuasion: why women and girls must fight the addictive power of advertising?.

L?autrice arrivava a simili conclusioni: ?Le pubblicità non provocano direttamente la violenza [?] ma le immagini violente contribuiscono ad uno stato di terrore [?] La trasformazione di un essere umano in una cosa, un oggetto, è quasi sempre il primo passo verso la giustificazione della violenza contro quella persona [?] questo passo è stato già compiuto con le donne. La violenza, l?abuso, è in parte l?agghiacciante ma logico risultato di quell?oggettificazione? (Kilbourne 1999:278)
Lei si riferiva in particolare alla consuetudine dei pubblicitari, per noi tristemente scontata, a rappresentare il corpo femminile come un insieme di problematiche, ognuna riguardante una parte (cellulite, pelle grassa, capelli secchi, unghie fragili, denti gialli?etc.) a cui dover trovare soluzioni; donne come insiemi di pezzi, quindi, non umani.

Per tornare al nostro esperimento, nella fase finale agli studenti veniva chiesto di rispondere ad un questionario per valutare quanto fossero sessisti; il monitoraggio celebrare ha mostrato che gli uomini che esprimevano le più forti tendenze sessiste utilizzavano meno la corteccia prefrontale, quella responsabile della comprensione dei sentimenti e delle intenzioni altrui.

In parole povere, gli uomini più sessisti erano anche quelli che mostravano meno empatia nei confronti di queste immagini, reagendo come se quelle donne non fossero completamente umane.
?Le uniche volte in cui assistiamo ad una disattivazione della corteccia prefrontale, è quando la gente guarda le foto di senza tetto o tossicodipendenti, dei quali non vuole conoscere veramente le emozioni, perché queste la disturberebbero nel profondo.? Ha spiegato Fiske.

La studiosa di Princeton ha sottolineato che il problema sorge nella vita di tutti i giorni, dove donne reali si devono incontrare con le immagini di donne mercificate, ad esempio ?Quando si hanno foto sessualizzate di donne nei posti di lavoro, è difficile non pensare alle colleghe donne in questi termini.?
Discusso e ridiscusso, adesso provato scientificamente, questo aspetto rimane centrale nella nostra vita, confermando retaggi del dominio patriarcale tradizionale.

Viviamo in una società nella quale le donne hanno dimostrato di saper fare tutto meglio dei loro colleghi e che, forse per questo, ha paura di un cambiamento culturale che ridefinisca i rapporti di eguaglianza e potere tra generi.
La cosa più divertente, devo ammetterlo, è stato leggere sui vari blogs e siti le reazioni a questa scoperta: tra le soluzione sventolate: ?Tornare alle spiagge separate (per uomini e donne, nda)?, ?Coprirsi di più? (per le donne, nda) etc.

Il problema è nella rappresentazione mediatica delle donne, non nelle donne reali: gli uomini sono stati educati per decenni dai pubblicitari a rispondere a quelle immagini (come alla pornografia) in un in una determinata maniera.
Essa però risulta nociva per tutti perchè in grado di attentare quei principi di inviolabilità tra esseri umani che dovrebbero informare i nostri modi di vivere e sentire quotidiani.

Bene, è arrivato il momento di attuare un?inversione di tendenza: il sessismo fa male a tutti e le società hanno bisogno di maturare e trovare nuove soluzioni a problemi globali, insieme.

Elis Helena Viettone
Vita di Donna Community

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http://www.vitadidonna.it/news/2009/02/donne-in-bikini-per-luomo-sono-cose.html

Lui, lei e il diabete, la 'terapia di coppia' aiuta il 90% dei malati

Il malato tipo è uomo o donna per lo più ultra 65enne

Lui, lei e il diabete, la 'terapia di coppia' aiuta il 90% dei malati

Ricerca presentata a Milano, in occasione del lancio italiano di una pillola antidiabete. Nella Penisola, la malattia del sangue dolce colpisce circa 4 milioni di persone


Milano, 18 feb. (Adnkronos Salute) - Contro il diabete l'unione fa la forza. E il numero perfetto e' il due: il malato e il familiare che lo assiste ogni giorno, donna 6 volte su 10, che insieme riescono a gestire meglio la terapia con benefici dichiarati dal 90% dei pazienti. A promuovere la 'terapia di coppia' contro la malattia del sangue dolce, che nella Penisola colpisce circa 4 milioni di persone di cui un milione ancora senza diagnosi, e' un'indagine condotta da Gfk Eurisko per il gruppo farmaceutico Novartis.

La ricerca e' stata presentata a Milano, in occasione del lancio italiano di una pillola antidiabete che abbina due principi attivi in un'unica compressa (vildagliptin e metformina) e della campagna 'Due in uno. Combinazione vincente contro il diabete'. Un'alleanza al femminile tra Fand (Associazione italiana diabetici) e Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), che organizzeranno incontri per i pazienti e i 'caregiver'.

L'indagine ha coinvolto 900 malati di diabete e 100 caregiver che li assistono, rilevando che quando ha accanto un 'angelo custode' il paziente sta meglio sia nel corpo sia nell'anima: e' piu' soddisfatto di se stesso e della sua vita (il doppio rispetto a chi lotta da solo), e' meno ansioso (68% degli 'accoppiati' contro il 64% dei 'solitari') ed e' piu' attivo (63% contro 56%). Il 76% dei malati fiancheggiati da un caregiver si ricorda sempre di assumere i suoi farmaci; il 72% segue una dieta ad hoc che nel 74% dei casi viene adottata 'per solidarieta'' dall'intera famiglia; il 55% pratica attivita' fisica e il 50% viene accompagnato dal suo assistente alle visite di controllo.

In generale, combattere la malattia in due permette al paziente di trovare risposte ai suoi bisogni, messi nero su bianco da un forum on line condotto su 25 diabetici. Fra le necessita' piu' urgenti degli intervistati c'e' quella di avere un sostegno nell'elaborazione della diagnosi e di essere motivati in modo da poter guardare al futuro 'pensando positivo'.

http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=3.0.3029605991

Ma chi e' il diabetico italiano tipo? L'identikit disegnato da Gfk Eurisko 'fotografa' un uomo o una donna per lo piu' ultra 65enne, con punte rilevanti di over 74 femmine. I pazienti dello Stivale sono prevalentemente obesi (donne) o in sovrappeso (uomini); soprattutto le femmine abbinano al diabete altre malattie: in particolare, il 55% soffre anche di ipertensione e il 47% di colesterolo alto.

AIDS: IN ITALIA 120MILA POSITIVI, UNO SU 4 NON LO SA

AIDS: IN ITALIA 120MILA POSITIVI, UNO SU 4 NON LO SA

(AGI) - Roma, 20 feb. - Cresce progressivamente la quota di soggetti che scoprono di aver contratto il virus Hiv in fase avanzata della malattia (oltre il 30%, dato europeo) e si stima che almeno un quarto dei 120mila soggetti Hiv positivi viventi in Italia sia inconsapevole del proprio stato. "Un dato importante che dobbiamo riuscire a diminuire ribadendo l'importanza del test, che e' un dovere civile oltre che l'unica speranza per tenere sotto controllo il virus", ha dichiarato Andrea Antinori, direttore Malattie Infettive allo Spallanzani di Roma, a margine della conferenza stampa di presentazione dello studio Adone, avviato per analizzare l'effetto della semplificazione della terapia ottenuta con Atripla, antiretrovirale in monosomministrazione quotidiana. Il test, "che e' anonimo, gratuito, sicuro ed efficace", sottolinea Antinori, e' la grande possibilita' per curarsi mantenendo una quotidianita' a detta degli esperti "normale".
"Basti pensare che oggi l'aspettativa di vita puo' raggiungere i 50 anni per un paziente giovane", continua Antinori, tracciando il trend dell'epidemia: "I nuovi infetti hanno un'eta' piu' adulta (38 anni contro i 26 anni del 1986), le donne sono circa un terzo del totale e la trasmissione avviene quasi esclusivamente per via sessuale - spiega il professore - Se nella seconda meta' degli anni'80 l'uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa era correlato al 70% delle trasmissioni, oggi i tossicodipendenti sono meno del 10% dei nuovi infetti". Costante negli ultimi 7-8 anni il numero dei nuovi infetti, circa 4mila l'anno in Italia; "diminuita sensibilmente invece, nell'ultimo decennio, la mortalita' - continua Andrea Antinori - Merito delle terapie antiretrovirali che hanno ridotto nettamente anche la morbilita' della malattia. L'80-90% di tutti i pazienti seguiti nei centri di riferimento sono in condizione di soppressione virologica, percentuale impensabile fino a qualche anno fa".
http://www.agi.it/ultime-notizie-page/200902201548-cro-rom1151-art.html

Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

U.E. - ITALIA
Ru486, circa 4mila aborti dal 2005

19 Febbraio 2009


Il via libera definitivo per l'immissione in commercio anche in Italia della pillola abortiva Ru486 ancora non c'e', ma ormai i tempi sembrano stretti. Procede infatti il processo di valutazione da parte dell'Agenzia del farmaco (Aifa) ma intanto la Ru486 nel nostro Paese si utilizza gia', sia pure attraverso una speciale procedura. Circa 4.000, a partire dal 2005, sono infatti gli aborti medici effettuati proprio utilizzando tale farmaco. A rendere noti i dati di utilizzo della pillola abortiva, in attesa dell'autorizzazione alla vendita da parte dell'Aifa, e' stato il ginecologo dell'ospedale S.Anna di Torino Silvio Viale, 'padre' della prima sperimentazione sulla Ru486. L'occasione per questo primo bilancio, la Conferenza nazionale dell'associazione ginecologi consultoriali (Agico) in corso a Roma. Proprio oggi, mentre ginecologi provenienti da tutta Italia sottolineavano l'esigenza che anche il nostro paese approvi 'finalmente' l'immissione in commercio della Ru486, i rappresentanti dell'azienda Exelgyn (produttrice della pillola abortiva) hanno appunto incontrato i responsabili Aifa, ha reso noto Viale. E successivamente e' stata la stessa Agenzia, con un comunicato, a precisare che 'continua il processo di valutazione della Ru 486' e che 'il farmaco e' stato esaminato oggi dal Comitato Prezzi e Rimborso dell'Aifa secondo quanto previsto dalle procedure valutative necessarie alla registrazione dei farmaci'. A questo punto, ha sottolineato Viale, 'il processo per la commercializzazione in Italia della Ru486 attraverso il procedimento di mutuo riconoscimento europeo, e' in dirittura d'arrivo'. L'auspicio e' che i tempi siano brevi, anche perche' 'se l'Italia dovesse ancora ritardare o bloccare l'arrivo in commercio della RU486 - ha precisato Viale - si andrebbe in sede europea e, sia pure con ritardo, arriverebbe in ogni caso l'autorizzazione per la commercializzazione'. Intanto, Viale ha reso noto i primi dati di utilizzo della pillola abortiva, suscitando la dura critica dell'esponente della Lega Nord Massimo Polledri: 'Sono dati allarmanti - ha commentato - che devono far riflettere'.
- DAL 2005 EFFETTUATI 4.000 ABORTI CON PILLOLA RU486: Circa 4 mila gli aborti effettuati in Italia utilizzando la pillola abortiva. Nel 2008 la Ru486 e' stata utilizzata da 25 centri italiani mediante una procedura di importazione caso per caso. Viale ha monitorato in particolare l'esperienza di otto centri che hanno utilizzato la pillola abortiva per un totale di 1.778 interventi di aborto. Piu' che soddisfacenti, secondo il ginecologo, gli esiti registrati: solo il 5,5% delle pazienti ha dovuto ricorrere comunque all'intervento chirurgico successivo. Quanto ai sintomi, il 23% ha accusato dolore, il 13% nausea, il 5% diarrea e per lo 0,07% si sono rese necessarie trasfusioni. Le regioni in cui la pillola e' stata utilizzata sono Piemonte, Toscana, Trento, E.Romagna, Marche, Puglia e Lombardia.
- OLTRE 10.000 PILLOLE ABORTIVE IMPORTATE: Sono 10.154 le pillole Ru486 importate in Italia a partire dal 2005, quando la prima sperimentazione e' stata avviata all'ospedale S.Anna di Torino. La Ru486 e' stata gia' registrata nella maggior parte dei paesi europei e negli Usa. La procedura di registrazione e' invece in fase di esame per Italia, Portogallo, Ungheria.
- VIALE, METODO SICURO: Con l'archiviazione dell'indagine relativa alla sperimentazione con Ru486 condotta all'ospedale Sant'Anna, ha detto Viale, 'e' caduto l'ultimo diaframma, quello legale, che ipotizzava l'incompatibilita' dell'utilizzo della pillola abortiva con la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Il metodo e' efficace e sicuro'.
http://www.aduc.it/dyn/eutanasia/noti.php?id=250723

lunedì 9 febbraio 2009

Tumori: fumare spinelli aumenta rischi cancro testicoli

Tumori: fumare spinelli aumenta rischi cancro testicoli

ultimo aggiornamento: 09 febbraio, ore 16:01
Roma, 9 feb. (Adnkronos Salute) - La passione per la marijuana può giocare brutti scherzi ai ragazzi. Uno studio pubblicato su 'Cancer' ha infatti scoperto un legame tra un uso frequente o prolungato di marijuana e l'aumento del pericolo di tumore ai testicoli. La ricerca, condotta su 369 uomini dai 18 ai 44 anni, rileva che fra i consumatori abituali di questa sostanza il rischio raddoppia rispetto ai coetanei che non hanno mai fumato uno spinello. La ricerca è stata condotta al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (Usa), e per la prima volta indaga sul legame tra marijuana e questo tipo di tumore. Il campione, tutto composto da pazienti con cancro ai testicoli, è stato sottoposto a un questionario e le risposte sono state poi confrontane con quelle di mille coetanei apparentemente sani.

Anche tenendo conto di altri fattori di rischio, sembra proprio che il fatto di consumare marijuana comporti un 70% di pericolo in più, mentre per chi la fuma regolarmente o fin da giovanissimo pare che il rischio di ammalarsi di cancro ai testicoli sia ben il doppio rispetto a chi non l'ha mai provata. Secondo Janet Daling, fra gli autori della ricerca, la pubertà potrebbe essere una 'finestra' nel corso della quale i ragazzi sono più vulnerabili a fattori ambientali, come le sostanze chimiche presenti nella marijuana.




http://www.adnkronos.com/IGN/Salute/?id=3.0.2997222724

mercoledì 14 gennaio 2009

EPATITE VIRALE

EPATITE VIRALE
Le epatiti virali raggruppano diverse infezioni che colpiscono il fegato che, pur avendo quadri clinici simili, differiscono dal punto di vista epidemiologico ed immuno-patogenetico. In Italia le epatiti sono iscritte in classe 2, fra le malattie rilevanti perché ad elevata frequenza e passibili di interventi di controllo, per cui è prevista la segnalazione all’Unità Sanitaria Locale da parte del medico, entro due giorni dalla rilevazione del caso.

Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori: epatite A, epatite B, epatite C, epatite D (Delta), epatite E. In circa il 10-20% dei casi tuttavia l’agente responsabile dell’epatite resta ignoto. Di recente sono stati scoperti altri virus epatotropi, quali il virus G, il virus TT ed ultimamente il SEN virus, ma il loro ruolo come agenti causali di epatite è tuttora in fase di studio e nel caso del virus G ed il virus TT appare molto dubbio.

Esistono poi altri virus , che accanto alla malattia di base possono a volte causare un quadro di epatite di varia gravità. Questi vengono definiti virus epatitici minori e principalmente sono: citomegalovirus, virus di Epsteun-Barr, virus Coxsackie ed herpesvirus.



Epatite A

E’ provocata da un picornavirus, HAV, classificato attualmente come prototipo del nuovo genere degli Hepatovirus, ed ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni. L’epatite A ha generalmente un decorso autolimitante e benigno sono pure frequenti le forme a sintomatiche, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini.
Tuttavia a volte si possono avere forme più gravi con decorso protratto ed anche forme fulminanti rapidamente fatali. La malattia è letale in una percentuale di casi che si attesta fra lo 0,1 per cento e lo 0,3 per cento, ma può arrivare fino all’1,8 per cento negli adulti sopra ai 50 anni. In genere la malattia che dura 1-2 settimane si i manifesta con febbre, malessere, nausea, dolori addominali ed ittero, accompagnati da elevazioni delle transaminasi e della bilirubina. I pazienti guariscono completamente senza mai cronicizzare. Non esiste lo stato di portatore cronico del virus A, né nel sangue, né nelle feci.
La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni. In genere il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o cibi crudi o non cotti a sufficienz, soprattutto molluschi, contaminati con materiale fecale contenente il virus. Solo raramente sono stati osservati casi di contagio per trasfusioni di sangue o prodotti derivati.
L’epatite A è diffusa in tutto il mondo sia in forma sporadica, sia epidemica. Nei paesi in via di sviluppo con scarse condizioni igieniche-sanitarie, l’infezione si trasmette rapidamente tra i bambini, nei quali la malattia è spesso asintomatica, e molti adulti risultano pertanto già immuni alla malattia. Nei paesi economicamente più avanzati, le migliorate condizioni igienico-sanitarie, hanno invece determinato una riduzione della diffusione dell’infezione tra i bambini ed una conseguente maggior diffusione tra gli adulti a causa di una maggiore proporzione di soggetti suscettibili che hanno anche un maggior rischio di forme cliniche evidenti e severe. Questo è probabilmente dovuto al fatto che sono stati contagiati nei primi anni di vita: in questo caso la malattia ha un decorso minimo e permette di immunizzarsi. Tuttavia grazie a migliori condizioni igenico-sanitarie, la percentuale degli adulti immunizzati nei paesi in via di sviluppo è nettamente inferiore rispetto al passato, per cui si è notato un aumento di epidemie di epatite A.
Nei paesi industrializzati la trasmissione è frequente in ambito familiare e si verifica sporadicamente negli asili nido, dove sono presenti bambini che fanno uso dei pannolini.L’infezione è pure frequente fra i soggetti che hanno fatto viaggi in paesi in cui la malattia è endemica.
Dal punto di vista preventivo, in Italia sono disponibili due diversi vaccini che forniscono una protezione dall’infezione già dopo 14-21 giorni. La vaccinazione è raccomandata, nei soggetti a rischio, fra cui coloro che sono affetti da malattie epatiche croniche, gli omosessuali, coloro che viaggiano in paesi dove l’epatite A è endemica, per coloro che lavorano in ambienti a contatto con il virus, i tossicodipendenti, ed i contatti familiari di soggetti con epatite acute A. Molto importanti sono pure le norme igieniche generali per la prevenzione dell’infezioni oro-fecali (igiene personale, lavaggio e cottura delle verdure, molluschi ecc.) ed il controllo della coltivazione e della commercializzazione dei frutti di mare.



Epatite B

Il virus dell’epatite B (HBV) è un virus a DNA appartenente alla famiglia degli Hepadnaviridae. Se ne conoscono attualmente 6 genotipi (A-F) aventi una diversa distribuzione geografica. L’epatite acuta B è nella maggior parte dei casi asintomatica.In coloro in cui la malattia si manifesta, l’esordio è insidioso, con vaghi disturbi addominali, nausea, vomito e spesso si arriva all’ittero, accompagnato a volte da lieve febbre. Solo però il 30-50 per cento delle infezioni acute negli adulti e il 10 per cento nei bambini porta all’ittero. Il tasso di letalità è di circa l’1 per cento, ma la percentuale aumenta nelle persone con età superiore ai 40 anni.
Nell’adulto la malattia può cronicizzate in circa il 5-10 % dei casi. Il rischio di cronicizzazione aumenta al diminuire dell’età in cui viene acquisita l’infezione, tanto che nei neonati contagiati poco dopo la nascita si verifica circa 9 volte su 10.
Nel 20 per cento dei casi l’epatite cronica può progredire in cirrosi epatica nell’arco di circa 5 anni. Il cancro al fegato (epatocarcinoma) è un’altra complicanza frequente dell’epatite cronica, soprattutto nei pazienti con cirrosi. L’infezione da HBV nei paesi ad elevata endemia è responsabile fino al 90% dei carcinomi del fegato.
Si stima che più della metà della popolazione mondiale sia stata infettata dal virus dell’epatite B e che siano circa 350 milioni i soggetti con infezione cronica. Ogni anno si stima che in tutto il mondo si verifichino più di 50 milioni di nuove infezioni da HBV e che circa un milione di persone muoia a causa dell’infezione HBV. In regioni ad alta endemia, come Asia dell’est, Africa subshariana e Amazzonia, la percentuale di portatori cronici va da 10 al 25 % nei paesi a bassa endemia come Nord America e Europa Occidentale questa percentuale è meno del 2%.
La sorgente d’infezione è rappresentata da soggetti affetti da malattia acuta o da portatori d’infezione cronica, che hanno il virus nel sangue ma anche in diversi liquidi biologici: saliva, bile, secreto nasale , latte materno, sperma , muco vaginale ecc..
La trasmissione, attraverso il sangue avviene pertanto per via parenterale, apparente o non apparente, per via sessuale e per via verticale da madre a figlio. La via parenterale apparente è quella che si realizza attraverso trasfusioni di sangue od emoderivati contaminati dal virus, o per tagli/ punture con aghi/strumenti infetti. La via parenterale in apparenza si realizza quando il virus penetra nell’organismo attraverso minime lesione della cute o delle mucose (spazzolini, forbici, pettini, rasoi, spazzole da bagno contaminate da sangue infetto).
Per quanto riguarda il rischio di contagio per trasfusione, esiste ancora nei paesi in via di sviluppo, mentre è praticamente nullo nei paesi industrializzati. Infatti, al controllo del sangue della donazione si aggiungono i processi di lavorazione successiva che distruggono il virus.
A rischio dunque sono i tossicodipendenti, gli omosessuali, il personale sanitario a contatto con persone contagiate o che lavorano sull’agente infettivo, ma anche i contatti familiari e sessuali con persone infette, e tutte quelle pratiche che prevedono il contatto con aghi e siringhe non sterili, come i tatuaggi, piercing, manicure, pedicure, ecc.. Il virus resiste in ambienti esterni fino a 7 giorni, per cui il contagio è possibile anche per contatto con oggetti contaminati.
Il periodo di incubazione varia fra 45 e 180 giorni, ma si attesta solitamente fra 60 e 90 giorni.
Dal punto di vista della prevenzione, esiste un vaccino che si è dimostrato sicuro e fornisce immunità di lunga durata. In Italia dal 1991, la vaccinazione è obbligatoria per tutti i neonati e per gli adolescenti di 12 anni. La vaccinazione è fortemente raccomandata per i gruppi di popolazione a maggior rischio d’infezione ( tossicodipendenti, conviventi di portatori cronici, personale sanitario, omossessuali maschi ecc.).



Epatite C

L’agente infettivo, il virus HCV (Hepacavirus) fa parte della famiglia dei Flaviviridae. Sono stati identificati sei diversi genotipi e oltre 90 sub-tipi. Ancora non è chiaro se ci siano differenze nel decorso clinico della malattia per i diversi genotipi, ma ci sono differenze nella risposta dei diversi genotipi alle terapie antivirali.
L’infezione acuta da HCV è assai spesso asintomatica ed anitterica (in oltre i 2/3 dei casi ). I sintomi, quando presenti sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea , vomito, febbre, dolori addominali ed ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%). L’infezione acuta diventa cronica in una elevatissima percentuale dei casi, stimata fino all’85%. Il 20-30 % dei pazienti con epatite cronica C sviluppa nell’arco di 10-20 anni una cirrosi e l’epatocarcinoma può evolvere da una persistente cirrosi da HCV in circa l’1-4% dei pazienti per anno.
La distribuzione del virus è universale. L’infezione colpisce circa il 3% della popolazione mondiale. I soggetti infettati da HCV sono 3,5-5 milioni e circa 4 milioni negli Stati Uniti. In Italia la percentuale di soggetti infetti va dal 3 al 12 % della popolazione generale con un gradiente che cresce in senso nord-sud e con l’età. Una frequenza particolarmente elevata dell’infezione è stata riscontrata in alcuni paesi africani come il Camerun e l’Egitto.
Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, ma per lo più varia nell’ambito di 6-9 settimane.
La trasmissione avviene principalmente per via parenterale apparente ed non apparente. Sono stati documentati anche casi di contagio per via sessuale, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l’HBV .L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi. Il controllo delle donazioni di sangue , attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-HCV, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.
A tutt’oggi non esiste un vaccino per l’epatite C e l’uso di immunoglobuline non si è mostrato efficace. Le uniche misure realmente efficaci sono rappresentate, dalla osservanza delle norme igieniche generali, dalla sterilizzazione degli strumenti usati per gli interventi chirurgici e per i trattamenti estetici, nell’uso di materiali monouso, nella protezione dei rapporti sessuali a rischio.



Epatite Delta (D)

L’agente infettivo dell’epatite Delta è noto come HDV: viene classificato tra i virus cosiddetti satelliti, o subvirioni, che necessitano della presenza di un altro virus per potersi replicare.Il virus dell’epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’epatite B, quindi l’infezione si manifesta in soggetti colpiti anche da HBV.
L’infezione può verificarsi secondo due modalità:
1) infezione simultanea da virus B e D. In questo caso si verifica un epatite clinicamente simile all’epatite B.
2) sovrainfezione di virus D in un portatore cronico di HBV. Si verifica allora una nuova epatite acuta a volte fatale. Studi recenti hanno mostrato che, in Europa e in Usa, il 25-50 per cento dei casi di epatite fulminante che si pensavano associati al virus dell’epatite B, erano invece causati da HDV.
In entrambi i casi l’infezione può diventare cronica e in questo caso ha generalmente un decorso più severo rispetto a quella da virus B.
La modalità di trasmissione è la stessa dell’epatite B e il periodo di incubazione va da 2 a 8 settimane.
Sono stati identificati 3 genotipi di HDV. Il genotipo I è quello maggiormente diffuso, il genotipo II è stato rilevato in Giappone e a Taiwan, mentre il genotipo III è presente solo in Amazzonia.
L’infezione da virus D è diffusa in tutto il mondo, e si stima che siano circa 10 milioni le persone affette da epatite D e dal suo virus di sostegno, l’EBV.
Per quanto riguarda le misure preventive, vale la profilassi per l’EBV/HBV: il vaccino contro l’epatite B sarà in grado di proteggere anche contro l’epatite D.




Epatite E

L’agente infettivo dell’epatite E, il virus HEV è stato provvisoriamente classificato nella famiglia dei Caliciviridae. L’epatite E è una malattia acuta assai spesso itterica ed autolimitante, molto simile all’epatite A. Caratteristica principale di questa infezione è l’alta frequenza di forme cliniche fulminanti (1-12% ) ed una particolare severità del decorso nelle donne gravide, specialmente nel terzo trimestre di gravidanza, con mortalità che arriva fino al 40%. La malattia non cronicizza mai.
Come per l’epatite A, la trasmissione avviene per via oro-fecale, e l’acqua contaminata da feci è il veicolo principale dell’infezione. Il periodo di incubazione va da 15 a 64 giorni.
E’ presente in tutto il mondo: epidemie e casi sporadici sono stati registrati principalmente in aree geografiche con livelli di igiene e sanità inadeguati. Così si sono state identificate epidemie in India, Birmania, Iran, Bangladesh, Etiopia, Nepal, Algeri, Libia, Somalia, Indonesia Messico, Cina, Pakistan, nelle repubbliche dell’Asia Centrale e dell’ex- URSS. Nei paesi industrializzati invece, la maggior parte dei casi riguardano persone di ritorno da viaggi in paesi a rischio.
Per quanto riguarda la prevenzione, è stata proposta la somministrazione di gammaglobuline, soprattutto nelle donne gravide, ma la loro efficacia deve essere dimostrata. Sono in corso studi per l’allestimento di un vaccino.



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